Lo Jong & Tong Len

L’Addestramento Mentale in Sette Punti – (in tibetano Lo Jong)

Portato in Tibet da Atisha e scritto da Ghesce Chekawa (1102-1176), che formulò la tradizionale dottrina chiamata dei « Sette punti» in cui vengono insegnati: i preliminari e l’addestramento alla Bodhicitta, come trasformare le circostanze avverse in favorevoli, come comprendere i criteri per trasformare la mente, i consigli per l’esecuzione di questa pratica.

La parola tibetana lo jong letteralmente significa «allenamento della mente» e consiste in una meditazione su sette argomenti, il cui fine è modificare in modo radicale le proprie abitudini mentali e il proprio atteggiamento verso la vita, permettendo così di scoprire la fonte di felicità, indipendente dagli eventi esterni, che è in ogni persona.

Sebbene esistano diversi modi di spiegare l’insegnamento dell’addestramento mentale in sette punti, essi sono:

1 I preliminari dell’addestramento mentale.
2. La pratica principale dell’addestramento mentale alla Bodhicitta.
3. Trasformare le avversità nel Sentiero del Risveglio.
4. Applicare la pratica per tutta la vita.
5. I segni d’abilità nell’addestramento mentale.
6. Gli impegni dell’addestramento mentale.
7. I precetti dell’addestramento mentale.

Con questi consigli Gheshe Chekawa Yeshe Dorjei volle ricordare a tutti i discepoli che per avanzare nel cammino spirituale, è necessario far decadere i modelli abituali di comportamento e le abitudini, piantare i semi della pietà e consolidare il relativo sviluppo della bodhicitta. Per fare ciò è essenziale la pratica della pazienza, l’aspirazione, la percezione della vacuità, la compassione, la benevolenza e il gioire dei propri e altrui meriti.
In questi insegnamenti è anche compresa la pratica del «prendere e dare» (gtong.len in tibetano), una tecnica specifica per creare mentalmente uno scambio della propria esperienza con quella degli altri, un semplice metodo che piano piano trasporta questa intenzione in tutte le funzioni della propria vita.

Seguire questo addestramento, è detto nei testi, equivale a sfregare insieme due bastoni per accendere il fuoco: un bastone corrisponde alle prospettive e alla disciplina dell’addestramento mentale, l’altro corrisponde alle proiezioni e alla dinamica delle abitudini. La pratica genererà l’attrito necessario affinché si produca la combustione.
Egli concluse questo testo affermando che, dopo aver sopportato dolori, insulti e critiche a causa dei suoi molti desideri, ricevette le istruzioni e ben addestrò la mente per mezzo di questo insegnamento. Solo a questo punto, se anche fosse morto, non avrebbe avuto alcun rimpianto.
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Il Testo dell’insegnamento – Lo Jong

Omaggio alla Grande Compassione.
L’essenza di questo insegnamento, simile ad un nettare,
è il lignaggio che deriva direttamente da Serlingpa.
Comprendi il significato dell’insegnamento
come un diamante, come il sole e come una pianta officinale.
Quest’era dalle cinque degenerazioni sarà trasformata
nel sentiero dello stato pienamente risvegliato.

1. Illustrazione dei preliminari come base della pratica.
Per prima cosa esercitati nelle pratiche preliminari.(1*)

2. La pratica d’addestramento alla mente del risveglio.
Guardati da chi biasima tutti di tutto.
Medita sulla grande gentilezza di tutti gli esseri.
Allenati nel dare e nel ricevere:
inizia dal prendere su te stesso
ed alternati nel prendere e dare.
Per questo, usa il respiro come supporto.
Per quanto riguarda i tre oggetti, tre veleni e le tre virtù,
Sii sempre consapevole della pratica in generale,
Prendendo a cuore queste parole in tutte le attività.
L’addestramento alla mente ultima del risveglio.
Quando hai conseguito stabilità, osserva l’insegnamento segreto:
Considera tutti i fenomeni come un sogno.
Analizza la natura della coscienza non-nata.
Il rimedio stesso si è appropriatamente liberato,
Posiziona l’essenza del percorso sulla natura della base di tutti.
Dopo la meditazione, considera i fenomeni come illusioni.

3. Trasformare le circostanze avverse nel sentiero per l’illuminazione
Quando il mondo è colmo di negatività,
trasforma le avversità nel sentiero per l’Illuminazione.
Applica immediatamente la meditazione in ogni circostanza.
Il metodo supremo è accompagnato dalle quattro pratiche.

4. La pratica integrata in una sola vita
In sintesi, l’essenza dell’addestramento consiste
nell’addestramento nei cinque poteri.
I cinque poteri stessi sono
il Precetto sul trasferimento della coscienza del Grande Veicolo.
Coltiva questi percorsi di pratica.

5. I segni d’abilità nell’addestramento mentale.
Integra tutti gli insegnamenti in un unico pensiero,
conferisci primaria importanza ai due testimoni,
coltiva costantemente solo una mente pacifica.
Un’inversione di comportamento indica l’avvenuta trasformazione.
Ci sono cinque grandi caratteristiche di una mente addestrata.
Si è compiuto l’addestramento quando si pratica anche nella distrazione.

6. Gli impegni dell’addestramento mentale.
1. Non contraddire l’addestramento mentale che ti sei ripromesso di seguire.
2. Non essere temerario, nella pratica.
3. Non essere parziale: addestrati sempre nei tre punti generali.
4. Trasforma il tuo atteggiamento, ma mantieni il tuo comportamento naturale.
5. Non discutere dei difetti altrui.
6. Non preoccuparti degli affari degli altri.
7. Addestrati per contrastare qualsiasi emozione disturbante, pur grande che sia.
8. Abbandona ogni speranza di ricompensa.
9. Evita il cibo malsano.
10. Non farti vincolare da un pregiudizievole senso del dovere.
11. Non fare commenti sarcastici.
12. Non stare in agguato.
13. Non colpire gli altri nel loro punto debole.
14. Non caricare un bue col fardello d’uno yak.
15. Non abusare della pratica.
16. Non voler vincere a tutti i costi.
17. Non trasformare gli dei in demoni.
18. Non percepire la sofferenza altrui come la propria felicità.

7. I precetti della formazione mentale
1. Agisci con una sola intenzione.
2. Tutti gli errori devono essere rettificati in un sol modo.
3. Due sono gli impegni: uno all’inizio ed uno al termine.
4. Affronta con pazienza ogni situazione si presenti, sia positiva che negativa.
5. Proteggi i due punti come se fossero più preziosi della tua stessa vita.
6. Addestrati nei tre livelli di difficoltà,
7. Consegui le tre cause principali.
8. Non lasciar degenerare le tre attitudini.
9. Non separarti mai dai tre possessi.
10. Pratica sempre con sincera imparzialità.
11. Apprezza la pratica globale e d’ampia portata.
12. Addestrati costantemente per far fronte a situazioni difficili.
13. Non fare affidamento su altre condizioni.
14. Impegnati da subito nelle pratiche principali.
15. Non applicare una concezione sbagliata.
16. Non essere discontinuo,
17. Pratica senza battere ciglio,
18. Affidati all’indagine ed all’analisi,
19. Non essere presuntuoso,
20. Non essere irascibile,
21. Non essere instabile.
22. Non aspettarti gratitudine.

Questa quintessenza delle istruzioni,
che trasmuta l’insorgenza delle cinque degenerazioni
in via per l’Illuminazione,
mi è stata trasmessa da Serlingpa.
Essendosi manifestato il karma del mio addestramento precedente,
e sentendomi possentemente ispirato,
senza curarmi dei rimproveri e della sofferenza,
sono andato in cerca delle istruzioni per soggiogare il mio attaccamento all’ego.
Se adesso dovessi morire, non avrei alcun rimpianto.

Nota al testo:
(1*)  Vi sono quattro pratiche preliminari: pensare a come sia piena di potenzialità la vita di un essere umano libero e privilegiato e come sia difficile raggiungere questo stato all’interno del ciclo delle rinascite; riflettere sulla morte e sull’impermanenza; pensare alle azioni e al loro risultato e riflettere sugli errori del ciclo delll’esistenza. Attraverso la riflessione sul primo punto supererete l’ossessione dei piaceri effimeri di questa cita. Con la contemplazione della morte e dell’impermanenza, supererete la seduzione di rinascite favorevoli nelle vite future.

Questa pratica, detta ‘Addestramento mentale in sette punti’, risale ad Atisha ed è stata trasmessa ininterrottamente per quasi mille anni. Essa si rivela particolarmente adatta a chi viva una vita attiva e impegnata. Non chiede al praticante di ritirarsi in un eremo, ma piuttosto di riesaminare tutti i suoi rapporti con gli altri, e di trasformare gradualmente le sue reazioni alle varie circostanze della vita. Le conoscenze della fisica consentono di rivelare interessanti paralleli tra l’interpretazione dell’universo della filosofia madhyamika e le scoperte più recenti della scienza moderna. Il mondo del tempo e dello spazio assoluti sperimentato dai sensi è oggi considerato dalla fisica pura illusione, e ciò non può non ricordare la definizione della realtà data dal Buddha: un miraggio, un’illusione creata da un mago, un’eco, un riflesso in uno specchio.
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Il testo degli 8 versi dell’addestramento mentale – Tong Len

1. Poiché sono determinato ad ottenere il massimo benessere per tutti
gli esseri, che sono superiori alla gemma che esaudisce i desideri,
avrò costantemente cura più di loro che di me stesso.

2. Quando sono in compagnia di altre persone,
considererò me stesso come il meno importante
e nel profondo del cuore mi prenderò cura di loro,
come se fossero gli esseri più elevati.

3. Esaminando con attenzione la mia mente,
in tutte le azioni che compio affronterò ed eliminerò al suo primo apparire
ogni difetto mentale, prima che possa nuocere a me stesso ed agli altri.

4. Quando devo affrontare un essere malvagio,
preda di intense sofferenze e gravi mancanze,
mi terrò caro un simile individuo, così raro a trovarsi,
come se avessi scoperto un prezioso tesoro.

5. Quando altri, dominati dalla gelosia, mi maltrattano, mi insultano e così via, accetterò le loro dure parole ed offrirò loro la vittoria.

6. Quando qualcuno che ho aiutato ed in cui ho riposto grandi speranze
mi infligge un danno estremamente grave,
considererò costui il mio supremo maestro spirituale.

7. In breve, offrirò benefici e felicità a tutti gli esseri senzienti mie madri,
sia in questa vita sia in quelle future,
ed in segreto prenderò su di me ogni male ed ogni sofferenza
degli esseri senzienti mie madri.

8. Non avendo poi, contaminato tutto ciò con le impurità delle otto preoccupazioni (mondane), percependo ogni fenomeno come illusorio, privo di attaccamento, mi libererò della schiavitù (dell’esistenza condizionata).
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Commenti a Lo Jong e Tong len

Capacità della Mente nel Lo Jong di riconoscere la confusione di quest’epoca degenerata.

Possiamo constatare la decadenza quotidianamente: viviamo in Italia, un paese bellissimo, con un buon clima, economicamente sviluppato, in cui usufruiamo di tutte le comodità, abbiamo ottimo cibo, case belle e confortevoli e spesso ne possediamo più di una, in città, al mare e in montagna, abbiamo un lavoro ben retribuito, una o più automobili, godiamo di periodi di vacanza da trascorrere dove e come vogliamo, seguiamo la moda cambiando frequentemente abiti e possiamo soddisfare tanti desideri.

Abbiamo tante comodità, ma cosa apportano alla nostra vita? un giorno dovremo comunque abbandonarle, e non ci accorgiamo nemmeno che questi agi in realtà ci incatenano ad un sistema consumistico, intrinsecamente insaziabile, che incrementa ogni tipo di complicazioni e ci allontana definitivamente dalla semplicità di una vita sana e costruttiva; questa è decadenza.

La visione materialistica del pensiero moderno definisce questo fenomeno “sviluppo”, ma dal punto di vista dell’essenza della realtà è assoluta “degenerazione”.

Per quello che riguarda la medicina, non nego assolutamente che esista un effetto positivo e degno di tutto rispetto della medicina moderna, sono stati scoperti farmaci efficaci contro la tubercolosi, i tumori e tante malattie, ma quando si oltrepassano i limiti umani significa che si è caduti in concezioni errate, degenerate.

La stessa decadenza ha coinvolto il sistema economico mondiale; si è in fibrillazione per il crollo delle borse, un tipo di affari che non maneggia direttamente il denaro, si tratta di un gioco perverso di numeri ipotetici che appaiono convulsamente su uno schermo, tutto è virtuale completamente illusorio e le persone non sanno assolutamente cosa succeda al loro denaro, tutto può scomparire in un istante. Questa è la degenerazione dei nostri tempi che si manifesta nel progressivo aumento della confusione generale.

Al contrario il Dharma non incrementa il disordine o l’illusione, non si ferma nemmeno al sogno delle terre pure o del paradiso, è un’essenza concreta che permette di uscire dalle nebbie del caos e percorrere la chiara via della realizzazione.

Il Dharma non pretende di allontanarci dai problemi, e non sarebbe comunque possibile perché ne siamo immersi, e il desiderio di rifuggirli non è altro che un’ulteriore illusione; ci mostra invece, nella stessa confusione, la visione corretta della realtà, ci permette di comprenderla con chiarezza e di affrontare serenamente e costruttivamente ogni ostacolo.

Un aspetto particolarmente grave della degenerazione dei tempi moderni è la corsa ad armamenti sempre più sofisticati e devastanti. In epoche antiche le armi erano limitate, si poteva uccidere in battaglia un certo numero di nemici con lance, frecce o altro, ma oggi il potenziale distruttivo è in grado di annientare tutto, di sterminare indiscriminatamente militari e civili, sino a cancellare dal pianeta intere aree geografiche.

Con la scusa della sicurezza nazionale si impegnano capitali enormi nella ricerca e fabbricazione di macchine belliche inimmaginabili, sperperando denaro pubblico che dovrebbe essere utilizzato per servizi e benefici a favore delle persone. Come definire questo stato di cose? “sviluppo” o “degenerazione”? Dal punto di vista del Dharma è degenerazione, decadenza, senza ombra di dubbio, e su questo dobbiamo riflettere seriamente.

Per realizzare qualcosa di significativo cento anni sono un periodo davvero troppo breve:

1. i primi vent’anni sono dedicati alla crescita;
2. i successivi venti trascorrono nelle fantasie, nel sogno di un futuro infinito;
3. dopo i quarant’anni si è più maturi ed occupatissimi, ci si affanna costruire la solidità, la stabilità, la propria sicurezza;
4. a sessant’anni si manifestano i primi acciacchi, il corpo e la mente progressivamente si indebo-liscono e tante porte cominciano a chiudersi;
5. a ottant’anni si è nella vecchiaia, le forze sono definitivamente perdute e, se anche si raggiungono i cent’anni, osservando nel dettaglio ogni fase si vede che il tempo dell’esistenza umana in realtà è brevissimo. Questa è la degenerazione dell’età, del tempo di vita.

L’argomento dell’insegnamento del nostro incontro è il “Lo Jong”, la trasformazione della mente, ed è strettamente connesso al riconoscimento della degenerazione dell’attuale era.

Nella confusione quotidiana lo stato mentale è completamente occupato dalle ansie, dai timori, dalle difficoltà, dai problemi.

Il termine Lo Jong è suddiviso in due sillabe, “Lo” significa mente, ma non la mente di Buddha che è già sviluppata, liberata, si riferisce alla mente degli esseri comuni che vivono in questa epoca, e che ha bisogno di essere addestrata, educata, esercitata, come indica appunto il termine “Jong”, così che possa essere liberata dal caos.

La mente confusa non è felice, né soddisfatta, né serena, all’interno del meccanismo, “non è giusto”, “non mi piace”, “non va bene”…… si deprime e affonda nel più assoluto condizionamento. Un problema ne porta mille altri, una mente infelice ne genera infinite altre, si alimenta così una situazione progressivamente negativa.

Il Lo Jong è il metodo che trasforma la mente sofferente e problematica in una mente capace di superare ogni tormento e difficoltà, rendendoli anzi strumento di illuminazione.

Il Lo Jong non tende a creare artificiosamente uno stato di gioia, di felicità o di allegria, ma è l’esercizio attraverso il quale la mente impara a riconoscere il reale significato della sofferenza di cui è ammantata e, in questa capacità di capire, apprende la modalità per trasformarla in sentiero verso l’illuminazione.

Praticando il Lo Jong si ha la sensazione di penetrare più profondamente nel tormento riconoscendone con maggior chiarezza l’essenza. Se invece non si pratica il Lo Jong, ma qualche altro tipo di Dharma con lo scopo di eliminare il dolore e realizzare uno stato di felicità, il benessere apparentemente ottenuto ha una durata limitata e, nel momento immediatamente successivo, ci si ritrova immersi negli stessi problemi, nulla è effettivamente cambiato.

Nel Lo Jong, al contrario, si manifesta visibilmente di giorno in giorno l’effetto della mente che muta nella conoscenza e accoglienza di una sofferenza in grado di divenire cammino verso una stabile pace e serenità.

Il Lo Jong può sembrare difficile, incoerente, ma in realtà è meraviglioso, la sua introduzione in Tibet risale al X° – XI° secolo, era praticato dai grandi maestri Kadampa, di cui il primo è stato Atīsa.

Il Lo Jong, promosso e portato avanti in questo lignaggio, è penetrato in seguito in tutte le grandi tradizioni delle scuole tibetane e ne ha costituito di fatto il cuore, la pratica essenziale, indispensabile, la bodhicitta, la vera intenzione o motivazione che è alla base del Dharma.

Certamente non è facile modificare le situazioni problematiche, complicate e spesso estremamente dolorose, ma se si osserva l’effettiva potenzialità della mente e si inizia lentamente e sistematicamente ad addestrarla nell’intenzione altruistica, poco per volta si scoprirà che si possono affrontare condizioni pesantissime e trasformarle in via di realizzazione, in altrettante occasioni di Dharma. Si comincia piano piano, affrontando dapprima semplici circostanze, sino a giungere a quelle più complesse e difficili.

I risultati della pratica del Lo Jong e applicazione del Tong Len

“Lo” è riferito alla mente ordinaria, che affronta la vita quotidiana, e “Jong” è l’addestramento, la trasformazione della mente ordinaria. A questo punto possiamo chiederci: “cos’è la mente ordinaria?”

La mente ordinaria è totalmente condizionata, resa confusa dagli stessi problemi dell’esistenza, una mente che non trova pace, serenità, riposo, essendo costantemente agitata, mossa dalle ansie e dalle preoccupazioni.

Lo stato ordinario della vita quotidiana è difficile da contrastare, siamo nati con questa mente e siamo abituati a pensare secondo canoni predefiniti, ma ciò che conta è essere consapevoli di questa condizione e riconoscerla, la situazione caotica in cui siamo immersi non ci deve disturbare, perchè solo così abbiamo la possibilità di imparare a confrontarci con una sofferenza che può divenire fonte di gioia e di pace.

Se la sofferenza si mantiene statica e inalterata è causa di ulteriore sofferenza e ciò indica chiaramente che non si è dato inizio al processo di trasformazione della mente, che invece è ben evidente nel momento in cui la sofferenza diventa opportunità di gioia, di pace.

Nel Lo Jong non si afferma di dover riconoscere un particolare Buddha, nel suo palazzo divino, con le sue specifiche eccelse qualità, ma si insegna semplicemente ad entrare in contatto con la situazione immediata, concreta, della propria vita, con la realtà del condizionamento e della sofferenza e a scoprirne l’essenza, così da poter trasformare il negativo in positivo, le circostanze difficili in favorevoli, il nemico in amico; questa è la pratica del Lo Jong, della trasformazione della mente.

Si soffre per gli amici, si è preoccupati, si è attaccati, possessivi, e l’amicizia è fonte di sofferenza, e poi si soffre per i nemici, si matura risentimento, offesa, avversione; in entrambi i casi si soffre.

Si soffre perchè si cercano facilitazioni nella vita e non si ottiene nulla o se ne riceve solo una parte, si soffre per la moltitudine di problemi che la quotidianità ci propone, si è insoddisfatti di ciò che si possiede e angosciati dai problemi che non si vogliono.

Il primo passo del Lo Jong consiste proprio nel comprendere che tutti gli aspetti dualistici sono fonte di sofferenza, e nel voler uscire dalla costante dicotomia di giudizio: “bianco – nero”, “buono -cattivo”, “bello brutto”. Il Lo Jong insegna a liberarsi dal dualismo che produce ulteriore sofferenza.

Il Lo Jong è una pratica importante, e non necessita di nulla, ovunque voi siate, in qualsiasi circostanza e tempo, potete praticare.

Il Lo Jong e il Tong Len sono due pratiche interconnesse. Si soffre perché si desidera la felicità e il benessere e si soffre perché non si vuole la sofferenza e si fugge dai problemi.

Nel Tong Len, la pratica del “dare e ricevere”, si prova l’immensa gioia di offrire agli altri le proprie virtù, qualità e meriti, e di prendere i loro problemi e negatività.

Agendo in questo modo la sofferenza che nasce dalla preoccupazione di felicità e dalla preoccupazione del dolore svanisce, c’è la gioia, nel Tong Len, di dare agli altri la felicità e accogliere la loro sofferenza. Il desiderio di felicità e di non sofferenza è sostituito e superato dalla compassione che non teme il dolore e non desidera una felicità illusoria.

La pratica del Tong Len è semplice, consiste nel maturare l’attitudine a dare le qualità e prendere i problemi, offrire agli altri la felicità e accogliere la loro infelicità, è come trovarsi in una condizione in tutti siamo ugualmente affamati, ma noi abbiamo del pane che, con gioia, diamo agli altri, tutto qui, è semplice.

Riguardo al Tong Len ci sono interpretazioni estremamente fantasiose, qualcuno pensa che sia una pratica di guarigione “Prendo su di me la malattia dell’altro, lui si risana, e io mi posso ammalare”, ma questa è follia totale, perché si ridurrebbe la realtà profonda, universale, incommensurabile, della bodhicitta ad una piccola attività per curare il mal di testa.

Simili fraintendimenti sono quasi scontati nelle società sviluppate, è normale manipolare gli eventi secondo concetti di efficienza industriale, tanto da inquadrare anche il Tong Len in parametri pragmatici e utilitaristici, lo si pubblicizza scrivendo libri di facile lettura e di cui si vendono moltissime copie diventando anche famosi e ricchi, un ulteriore espressione del condizionamento del Dharma in un’epoca degenerata.

Per praticare il Tong Len è necessario prima comprendere il significato del Lo Jong, la trasformazione della mente, e solo sulla base di questa consapevole acquisizione è possibile attuare la pratica del “dare e ricevere”.

Il Lo Jong insegna ad addestrare la mente che soffre, e il primo risultato è perlomeno imparare a non soffrire più del necessario.

E’ necessario osservare con chiarezza alcuni interrogativi di base: “cos’è questa mente?” “cos’è questa mente sofferente?”, “cos’è questa sofferenza della mente?”

Si apprende a penetrare nel significato della sofferenza esaminandone tutti gli aspetti: è attaccamento? avversione? confusione?

Senza questa analisi si rimani bloccati nel desiderio di essere felici, senza sapere cos’è la felicità, nel desiderio di non soffrire, senza sapere cos’è la sofferenza.

Riflettere su questi aspetti induce la cognizione della sofferenza e genera l’attitudine alla trasformazione della mente: la sofferenza che non si voleva, diventa l’oggetto da ricevere, e la felicità che si è sempre cercata, diventa l’oggetto da dare. In questo modo si esce dal dualismo che impediva la corretta visione della realtà, si è liberi da ogni giudizio e pregiudizio su felicità e sofferenza. Questa è la via di uscita e, anche se non esiste nessuna coercizione, né obbligo, né punizione in caso non la si applichi, non c’è comunque nulla da perdere, dunque perché non provarci?

Lo Jong e Tong Len sono solo quattro parole, ma talmente affascinanti e misteriose per cui potremmo essere indotti a pensare che forse solo Buddha ne possedesse la piena comprensione, trasmessa direttamente ai suoi discepoli, di generazione in generazione che, di conseguenza, ne sarebbero gli unici depositari.

Ma non è così, Lo Jong e Tong Len sono una realtà che ciascun essere ha dentro di sé. I discepoli del Buddha attraverso il dono della spiegazione ci facilitano la comprensione, il riconoscimento del suo immenso valore. E’ come trovarsi di fronte ad una grande torta, tutti se ne possono servire, ma chi non ne vuole lascia liberamente la sua fetta nel piatto, ne godrà qualcun altro, non c’è coercizione, né obbligo.

La pratica del Lo Jong e del Tong Len è caratterizzata dal dare e non dal preoccuparsi di ricevere, è una qualità intrinseca all’essere umano, è un Dharma naturale, è parte della natura dell’essere e nessuno può rivendicare di esserne depositario esclusivo. L’attuale società è sopraffatta dalla confusione e proprio per questo è necessario praticare il Lo Jong, la trasformazione della mente, in modo da contrapporre al caos una poderosa accumulazione collettiva di meriti.
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Alcuni interventi:

Domanda: Se voglio praticare il Tong Len a chi lo rivolgo?

Lama: Ai più deboli, ai bisognosi, all’inizio non si comincia con una pratica completa del Tong Len, si parte dalle situazioni più semplici, più facili, poi la si estende progressivamente sino a farla diventare completa, universale.

Domanda: Quindi la meditazione quotidiana sull’impermanenza e sulla vacuità ci aiuta profondamente.

Lama: Sicuro. Nel poco tempo a disposizione è stato possibile spiegare una minima parte del Lo Jong, perché questo insegnamento richiede di essere trattato diffusamente. Cerco solo di trasmettervi almeno i punti essenziali, più concreti e facilmente praticabili.

Intervento: Il Lo Jong è, come diceva Geshe-la, semplicissimo, ma proprio per questo difficile, non immediato, richiede un paziente lavoro, ma c’è un aspetto fondamentale che tutti siamo in grado di applicare, ed è cominciare dal presente.

Io osservo la mia vita e vedo che, inesorabilmente, in ciò che sto facendo, là dove le circostanze mi hanno portato e in quella precisa concreta situazione, non posso fare altro che desiderare di applicare la compassione.

Non si tratta di gesti eclatanti, si comincia proprio con poco, come il non giudicare ed etichettare tutto ciò che si presenta, sia persona, situazione, azione o pensiero, forse in questo modo si avvia il processo di trasformazione della mente, piccolo passo dopo piccolo passo, con grande lentezza ma continuità, senza pensare di poter realizzare dall’oggi al domani la Grande Compassione; è davvero essenziale osservare con consapevolezza il presente, con le sue condizioni e persone.

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