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Ferma la mente, spegni il desiderio

Esistono tre modi di agire di fronte al desiderio nei riguardi di oggetto sensuale (che soddisferebbe uno o più dei nostri cinque sensi: 1 – rimanere con la sensazione di disagio che inevitabilmente si verrebbe a a creare 2- sforzarsi ad evitare anche solo di avere questo desiderio 3 – continuamente abbandonarsi ad esso.

Bisogna avere la capacità di acquisire la consapevolezza di possedere un desiderio insoddisfatto e di rimanere con la sensazione di disagio che inevitabilmente si viene a creare. Non bisogna sforzarsi ad evitare anche solo di avere dei desideri e cercare spasmodicamente la maniera di come fare per non averli o giudicarsi con troppa severità per il fatto di averli. Nemmeno continuamente abbandonarsi ai desideri sviluppando volta per volta maggiore attaccamento fino a diventarne totalmente dipendente è la maniera corretta di agire.

Le ultime due modalità di atteggiamento sono due vie estreme, in entrambi i casi conducono alla sofferenza, ad una sensazione di maggiore disagio. Nel caso avessimo ceduto per esempio possiamo sviluppare anche un senso di colpa, perdere fiducia in noi stessi per avere ceduto. Nel caso invece ci sforzassimo di rinunciare al desiderio otterremo l’effetto di dare un importanza sempre maggiore all’oggetto non avendo compreso che il problema non è l’oggetto in se stesso, ma è il nostro desiderio, è come la nostra mente lo percepisce, come si illude che si possa trovare felicità duratura in un oggetto che una volta conseguito si esaurisce e ci lascerebbe con la sensazione di insoddisfazione e desiderio di provarlo nuovamente o provare qualcosa di più forte. Quella della consapevolezza, di accettare il desiderio, di riconoscere semplicemente: “Ecco! c’è questa sensazione”, è la via di mezzo, che non porta alla sofferenza.

A livello pratico si tratta di riconoscere che è normale e umano possedere un desiderio e che se questo rimane insoddisfatto ci condurrebbe ad una sensazione di disagio. Quello che bisogna fare è riconoscerne il sorgere del desiderio ed accettare la sua esistenza nella nostra mente per un po’ e poi lasciarlo andare. Ma come? Osservando la nostra mente, imparare a stare con la sensazione momento per momento, in questo senso va intesa la osservazione. Inizialmente la mente è molto agitata e c’è l’impulso di possedere a tutti costi l’oggetto del desiderio (bramosia), si pensa a come fare per averlo e a tutte le giustificazioni che possiamo trovare perché abbiamo paura del nostro giudizio negativo nel caso decidessimo di lì a breve di cedere ad esso. Attraverso l’osservazione di quel turbinio di pensieri l’agitazione dopo un po’ comincia ad attenuarsi fino ad arrivare a scomparire. Con la mente finalmente calma ci accorgiamo che anche il desiderio è quasi del tutto scomparso. A questo punto dobbiamo continuare a tenere ferma la mente (se noi rimaniamo fermi prima o poi qualcosa accadrà lì fuori) fino a che il desiderio così come è arrivato se ne va, lasciandoci con una sensazione di serenità, con una mente maggiormente attenta e più pronta a ricominciare di nuovo l’intero processo fino al sorgere di un altro desiderio.

Davide

Dharma – lettura dal sito samtencholing.eu

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Buona lettura, davide

Vacuità, risultati dipendenti e Via di mezzo

I fenomeni sono vacui e privi di una esistenza intrinseca e indipendente perché:

– originano in dipendenza delle cause
– dipendono dalle parti da cui sono costituiti. Non è possibile trovare il fenomeno stesso in nessuna delle delle sue parti prese singolarmente, così come il fenomeno non è nemmeno la somma delle sue parti, infatti si dice che
– dipendono dal concetto che li designa con un nome

Bisogna comprendere che la vacuità di esistenza intrinseca significa risultati dipendenti, NON che le cose non esistono in senso assoluto e quindi staremo distanti dal la concezione nichilista.
Allo stesso modo quando comprendiamo le cose nascono in dipendenza delle cause, NON hanno esistenza indipendente e quindi staremo distanti anche dal concetto di permanenza assoluta.

Ecco perché si conclude che la vacuità, i risultati indipendenti e la “Via di mezzo” hanno tutti lo stesso significato.

Tratto da “La via della liberazione”, Sua Santità il XIV Dalai Lama, 2009

La Via di Mezzo

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La via di mezzo non è essere imparziali o rimanere in una posizione centrale, e nemmeno essere sempre moderati, come alcuni erroneamente potrebbero pensare solo sulla base del mero significato delle parole: “uno che percorre la via di mezzo è una persona che non sta mai di né di qua né di lá, cerca di accontentare tutti, non prende mai posizioni forti, ecc.ecc.”.
La mente umana è abituata ad ‘etichettare’ oggetti, persone o situazioni attraverso l’uso di aggettivi che hanno una natura dualistica e cioè che sono l’uno l’opposto dell’altro, come ad esempio: belli-brutti, buoni-cattivi, piacevoli-spiacevoli, ecc ecc.
Aggrapparsi all’idea di descrivere un fenomeno con un unico aggettivo e fare una sorta di discriminazione in base ad una relativa dualità crea una falsa percezione della realtà che porta sofferenza.
Il Buddhismo afferma che tutti i fenomeni che ci circondano sono soggetti ad una continua trasformazione. Se ne deduce che
per porre fine al modo ostinato di pensare alla realtà in termini dualistici occore arrivare a realizzare che tutti i fenomeni, essendo appunto sempre in continua trasformazione, non possono essere definiti da uno solo di due aggettivi opposti, ma contemporaneamente da tutti e due.
La vera natura della via di mezzo è uno stato in cui i concetti dualistici sono fusi l’uno nell’altro, bello si trasforma in brutto e viceversa, e così anche buono in cattivo, piacevole in spiacevole ecc. ecc., in questo modo ci troveremo a vivere una realtà libera dal dualismo, criticismo, sofferenza e insoddisfazione.
Davide.