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La Felicità Relativa

Ciao a tutti, è da un pò di tempo che non pubblico qualcosa quindi eccoci qui con il primo Post del 2022. Sto leggendo un libro di Tich Nhath Han: Le quattro verità dell’esistenza (Italian Edition), Garzanti, Edizione del Kindle e volevo riproporvi un concetto che mi ha incuriosito e che poi ho trovato interessante in merito alla ‘Felicità Relativa’. Mi sono detto: “Ma relativa a cosa?”. Partirei subito con un esempio, un fatto che mi è successo qualche mattina fa e che ho ritrovato nel testo. Ve lo ripropongo ri-elaborato con riferimento a quanto da me vissuto.

Siamo in pieno inverno, ci siamo appena alzati dal letto e fuori fa un freddo cane. Apriamo il rubinetto dell’acqua calda ma chiaramente all’inizio è gelida: subito un brivido e la ritrazione istintiva delle mani dal flusso d’acqua in uscita. Poi desideriamo che l’acqua calda arrivi subitissimo immediatamente ma ci tocca aspettare e mentre aspettiamo subito ci viene in mente quella volta qualche anno fa alle terme immersi in un bagno di acqua termale a 37°C. Quello che accade è: sensazione spiacevole e fuga nel passato. Consapevolezza uguale a zero.

Ora cambiamo approccio, sempre nella medesima situazione proviamo invece a pensare alla meraviglia del genio umano che ha permesso la magia dell’apertura del rubinetto per portare l’acqua a casa comodamente, da dove viene quell’acqua, magari viene da una falda sotterranea a 2 km di distanza o da un ruscello di montagna, pensiamo a quanto tempo fa si è formata, magari scioltasi da un ghiacciaio millenario e ora giunta fino a noi solo per permetterci di lavarci. E quando ce la buttiamo subito in faccia (senza aspettare l’acqua calda) sentite come è rinfrescante! Ci risveglia (come l’ insegnamento di un Buddha, una parabola del vangelo o il canto di muezzin) e riporta al mondo reale nel qui ed ora. Cerchiamo di rimanere sempre nel momento presente, pacificamente a contatto con le meraviglie del mondo disponibili come questa acqua gelida, sarebbe un peccato lasciarla scorrere nello scarico mentre la guardiamo con disprezzo scivolare via.


Ecco il concetto di felicità relativa: relativa a che cosa? al grado di consapevolezza che riusciamo a portare nel momento presente. Se sviluppi una maggiore consapevolezza, la tua felicità aumenta. Visto che sei consapevole degli elementi positivi nella tua vita, sei più felice. Se invece non sei consapevole, se ti lasci trascinare dalle preoccupazioni, dall’irritazione o dalla paura, in quel momento non sarai felice.


Alcuni dicono: «Oh, conosco il momento presente, è molto noioso». Sono abituati a essere prigionieri del passato e a vivere nel mondo della memoria. Questo perché non sono abituati a vivere nel momento presente. Sono soliti vivere nel passato e lo considerano la loro casa. Sono abituati al passato, quindi vi si sentono a casa. Oppure sognano il futuro, anticipando cose che potrebbero succedere. Quando affermano che il momento presente è noioso, ciò significa che non vi sono mai stati davvero, ma Il tuo corpo è qui nel momento presente, la tua vita è qui nel momento presente, e il mondo è qui nel momento presente. Ecco perché è così importante che torniamo al momento presente, allo scopo di vivere davvero la nostra vita.

Quattro fondamenti della consapevolezza – Sr Hoi Nghiem

Prima di condividere con voi questa lezione sui quattro fondamenti della consapevolezza vorrei rivedere con voi alcuni aspetti dell’ottuplice sentiero (per la via della liberazione dalla sofferenza). Il sentiero ha otto strade: retta parola, retto sostentamento, retta azione, retto sforzo, retta concentrazione, retta consapevolezza, retto pensiero, retta visione. Tutti questi elementi sono inter-connessi, ma la consapevolezza è come l’ingresso del sentiero, è la base della meditazione, non possiamo meditare senza di essa.

Nota personale: Quello che è importante sottolineare è che sia gli esercizi che compongono la pratica della consapevolezza, come del resto quelli dell’ottuplice sentiero sono vere e proprie azioni che dobbiamo mettere in pratica. Solo attraverso la pratica, che a volte consiste nella pratica della meditazione su alcuni degli elementi che vedremo, è possibile comprendere a fondo l’importanza dell’insegnamento. Certo, alcuni concetti sono intuibili dal punto di vista intellettivo, ma non basta capirli in questo modo: dobbiamo letteralmente ‘com-prenderli’, farli nostri, fare in modo che facciano parte della nostra pratica quotidiana. Solo così sarà possibile percorrere la via che porta alla liberazione dalla sofferenza e a farci sentire felici. Ecco il motivo per cui sorella Hoi enfatizza il fatto che non possiamo meditare senza la consapevolezza: se non siamo consapevoli del nostro corpo, delle nostre sensazioni, della mente e delle altre persone, come possiamo capirle? Solo una volta che abbiamo compreso possiamo migliorare. E il fatto di essere inter-connessi tra di loro è altrettanto importante: migliorando un aspetto si sviluppa anche l’altro. Allo stesso modo, dal momento che noi non siamo ma ‘inter-siamo’, migliorando noi stessi miglioriamo anche il rapporto con gli altri e oltre a rendere felici noi stessi rendiamo più felici anche gli altri.

La prima caratteristica della consapevolezza è il ricordo. Possiamo ricordare dei concetti, degli insegnamenti, di quello che abbiamo realizzato grazie alla pratica. Ad esempio possiamo ricordare che abbiamo un corpo, che siamo fortunati ad averlo, che possiamo ancora camminare, che abbiamo occhi luminosi per guardarci, un cuore che batte con regolarità, lo stomaco per assimilare cibo. Ok, il nostro corpo funziona bene, ma dobbiamo ricordarci di nutrire la nostra gioia e felicità. Alcune persone non riescono ad accettare il proprio corpo. Quando ero giovane non accettavo il mio corpo, ma quando ho imparato a conoscere la consapevolezza ho avuto la capacità di accettare il mio corpo così come era, anche sono bassa e col naso piatto ho molte altre condizioni che sono presenti e che mi permettono di essere felice, per esempio abbiamo una casa in cui vivere, c’è molta gente che non ce l’ha. Anche se devo condividere la mia stanza con altre persone questo è ok, è un motivo per essere felici. Quando ricordi questo le sofferenze e le difficoltà lentamente si affievoliscono e si calmano. Per fare ancora un esempio potremo ricordare i momenti in cui in passato eravamo in una situazione difficile e magari anche pericolosa ed ora che siamo qui in comunità, con la sua energia collettiva, e ci sentiamo protetti, anche questo è un motivo per essere felici. A volte dimentichiamo di ricordare i motivi per cui ora ci troviamo in condizioni fortunate, così la sofferenza si fa strada in noi e ci fa annegare nelle difficoltà. Oggi tentate di rivedere quello che avete appreso in questi giorni di incontri in modo che possiate ricordare, ricordare e ricordare ancora, nutritevi con questi ricordi. Il solo ricordo porta già molta gioia e permette inoltre di fissare i concetti per essere pronti ad imparare molte altre cose nuove.

Il ricordare il nostro passato e quello che abbiamo appreso attraverso gli insegnamenti e la pratica è quindi una caratteristica della consapevolezza. La seconda è quella di essere consapevoli di ciò che sta accadendo in questo momento. Quindi abbiamo ricordo e momento presente. Di che cosa dobbiamo essere consapevoli? Del nostro corpo, dei nostri sentimenti e della nostra mente, di quello che succede dentro di noi e intorno a noi, questo serve affinché possiamo prenderci cura del nostro corpo, sentimenti e mente. Se non ne siamo consapevoli non potremo nemmeno prendercene cura.

Andiamo avanti prendendo in considerazione il Sutra sui quattro fondamenti della consapevolezza. All’inizio dice: questo sutra è il sentiero più bello per aiutare tutti gli esseri a realizzare la purificazione, superare la sofferenza e il dolore, è la strada per il nirvana. Questo sutra non è solo da leggere, ma (come tutti gli insegnamenti) è fondamentale la sua messa in pratica se si vuole realizzare la purificazione per porre fine al dolore e alla sofferenza.

Sequenza di esercizi che compongono la pratica della consapevolezza del corpo nel corpo.

La pratica si divide in più esercizi. Il primo è osservare il nostro respiro: quando inspiriamo siamo consapevoli che stiamo inspirando e quando espiriamo siamo consapevoli che stiamo espirando. Essere consapevoli del respiro significa seguire il respiro nel sua atto di inspirare ed espirare, significa sentire l’aria passare attraverso il corpo, dalle narici fino agli ultimi piccoli rami dell’albero bronchiale che si trovano nella parte più esterna dei polmoni ed in seguito nel suo percorso a ritroso quando esce. All’inizio seguiamo solo il respirare, poi cerchiamo di calmarlo, ma in genere, se pratichiamo bene, esso si calmerà da solo, diventerà più pacifico e i movimenti risulteranno più fluidi e lenti. Non abbiamo bisogno di forzare il respiro, lasciamo che sia naturale e sentiamo anche il sollevarsi e l’abbassarsi del diaframma che a sua volta ci fa percepire la sensazione che stiamo respirando con lo stomaco che si solleva e si abbassa in accordo con il movimento diaframmatico. Col passare della pratica arriveremo a sentire che il respiro non è solo di pertinenza dei polmoni e delle narici, ma sentiremo l’aria arrivare fino ai pori della nostra pelle dopo essere stato anche nelle ossa, nel midollo, nel sangue, nei muscoli e nei tessuti sottocutanei: l’aria passa effettivamente in ogni cellula del nostro corpo, questo è provato scientificamente, ed è solo con la pratica che noi ne diventiamo consapevoli. Un conto è studiare sui libri che questo avviene, un altro è il sentirlo fisicamente nella realtà. Non respiriamo solo con il naso, ma con tutto il corpo. Con il primo esercizio, respirando consapevolmente iniziamo a rilassare il nostro respiro e il corpo. Il primo esercizio quindi ci rende consapevoli del respiro e ci aiuta a tornare in noi stessi per iniziare a prenderci cura del corpo e della mente.

Ora vediamo il secondo esercizio della pratica della consapevolezza del corpo nel corpo. Nel primo esercizio abbiamo acquisito la consapevolezza del respiro, in questo seconda esercizio, sfruttando la consapevolezza acquisita nel primo fase invece dobbiamo essere consapevoli delle caratteristiche del nostro respiro. Come fare? E’ inevitabile che nel processo di respirazione ci siano dei respiri un pò più brevi e dei respiri un pò più lunghi, quindi quando il respiro è breve dobbiamo vedere che “sono consapevole di respirare un respiro breve” e quando c’è un respiro lungo dobbiamo vedere che “sono consapevole di respirare un respiro lungo”. Quello che è importante però è di non fare di proposito a fare un respiro corto o lungo, per l’esercizio della consapevolezza del respiro serve solo riconoscere se il respiro è breve o lungo mentre questo fluisce senza controllo da parte nostra, nella sua naturalezza. Occorre notare il respiro per quello che è. Quindi con il secondo esercizio calmiamo il respiro e iniziamo ad essere consapevoli oltre che del respiro anche di tutto il corpo.

Il terzo esercizio stabilizza la consapevolezza dell’intero corpo, e consiste nel continuare a osservare il respiro, se è breve, se è lungo, sentirlo fluire in tutte le cellule del corpo, nelle orecchie, nelle gambe, nel fegato, nella testa, ecc. In questo modo stabilizziamo la consapevolezza di tutto il corpo.

Durante il quarto esercizio, continuando allo stesso modo arriviamo a calmare tutto il corpo.

Quando camminiamo, sappiamo che stiamo camminando, quando ci sediamo siamo consapevoli di essere seduti. In qualsiasi posizione il corpo si trovi, siamo consapevoli della sua posizione. Per esempio quando camminiamo possiamo sentire i piedi che toccano la terra che ci sostiene, quando siamo seduti sentiamo quale parte del corpo tocca i tessuti, quando siamo sdraiati possiamo essere consapevoli della posizione della schiena, ecc. Anche quando mangiamo o beviamo siamo consapevoli, sentiamo il gusto del cibo assaporandolo lentamente, sentiamo la freschezza dell’acqua che arriva fino all stomaco. Quando vestiamo un abito siamo consapevoli di stare indossando un indumento e sentiamo le parti di esso dove si appoggiano, se è confortevole, ecc. Quando stai lavorando sii consapevoli dei movimenti delle tue mani per esempio. Portiamo la consapevolezza in ogni aspetto della vita quotidiana, è possibile farlo, ma all’inizio occorre svilupparla attraverso l’esecuzione dei quattro esercizi visti prima. Essere consapevoli del corpo induce calma e fa svanire le tensioni il corpo si rilassa, i muscoli non sono tesi, perfino gli organi interni sono rilassati e funzionano meglio. Ad esempio se siamo consapevoli del nostro viso i suoi muscoli si rilassano, non abbiamo un espressione tesa, ma rilassata, che con la pratica diventa gioiosa. Se qualche parte del nostro corpo sente dolore o è ammalata è possibile accelerarne la guarigione con la consapevolezza. Quando soffriamo è possibile sentire una stretta al cuore, se siamo consapevoli del cuore e ce ne prendiamo cura con la consapevolezza, facciamo in modo che i sui muscoli si rilassino e riusciamo ad allentare quella stretta fastidiosa. Quindi all’inizio siamo consapevoli del respiro, poi del corpo e in che posizione si trova, in seguito del suo movimento e infine perfino dei suoi organi interni.

Possiamo anche combinare la respirazione con il corpo, all’inizio sarà difficile perché se seguiamo l’uno non riusciamo e seguire contemporaneamente anche l’altro. Non dobbiamo preoccuparcene più di tanto però; se presti anche solo attenzione ad una piccola parte dei due insieme è già un piccolo grado di consapevolezza. Quello che è importante che voi sappiate è che con la pratica della respirazione certamente riusciremo a connettere la nostra mente e il nostro corpo. A volte siamo in un posto fisicamente ma la nostra mente è altrove. Con la pratica della consapevolezza sul respiro questo diventa come un ponte che collega la mente e il corpo e permette alla mente di tornare al corpo. Quindi ovunque vada la mente, ricordiamo solo la respirazione consapevole, dopo che ti eserciti per un pò sei consapevole di quello che stai facendo (perché la mente ritorna insieme al corpo), di ciò che stai dicendo e di ciò che stai pensando e lentamente, attraverso la pratica, puoi arrivare certamente a combinare la respirazione con il corpo e con l’azione. Puoi parlare, puoi ascoltare, ed anche lavorare, fare qualcosa d’altro mentre allo stesso tempo segui il respiro. Se non riesci a farlo all’inizio va bene, nessun problema, ma quando con la pratica acquisisci la capacità di combinare, puoi padroneggiare meglio la tua anima. Ecco perché già dal secondo esercizio riusciamo a calmare il respiro, con il quarto a calmarlo e rilassarlo, mentre con il primo e con il terzo rendiamo stabile la consapevolezza del respiro e del corpo. Quando siamo consapevoli di tutto il corpo lo rendiamo felice.

Schematizzando, questi sono gli della consapevolezza del corpo nel corpo.

  1. Inspirando siamo consapevoli del respiro, espirando siamo consapevoli del respiro (seguire solamente il respiro)
  2. Inspirando calmiamo il nostro respiro, espirando calmiamo il nostro respiro (notare la qualità del respiro – breve lungo)
  3. Inspirando siamo consapevoli del nostro corpo, espirando siamo consapevoli del nostro corpo (sentire in tutto il corpo il respiro che viene e che va)
  4. Inspirando calmiamo il nostro corpo, espirando calmiamo il nostro corpo (sentire in tutto il corpo il respiro che viene e che va)

Sequenza di esercizi che compongono la pratica della consapevolezza delle sensazioni nelle sensazioni.

Nella presentazione di questa pratica viene sovvertito l’ordine con cui sono illustrati gli esercizi; si inizia dal terzo e quarto e poi analizziamo il primo e il secondo che meritano una spiegazione più ampia. Quando abbiamo una sensazione spiacevole siamo consapevoli di una sensazione spiacevole, quando ne abbiamo una neutra siamo consapevoli della sensazione neutra e quando abbiamo una sensazione piacevoli siamo consapevoli anche di quest’ultima. Siamo consapevoli di ciò che c’è nelle nostre sensazioni. Questa pratica è utile perché quando siamo consapevoli della nostra sensazione riusciamo a calmarla, riusciamo a calmare il nostro sentimento. La tecnica è la stessa che abbiamo visto per i quattro esercizi per il respiro e per il corpo nella prima pratica. Il terzo esercizio è acquisire la consapevolezza di una sensazione (di sofferenza/piacevolezza/neutralità). Ad esempio quando soffriamo: “inspirando sono consapevole di provare della sofferenza, espirando sono consapevole di provare della sofferenza” siamo consapevoli di soffrire.

Quando siamo consapevoli della nostra sofferenza ora sappiamo come prendercene cura perciò non dobbiamo avere paura delle difficoltà e della sofferenza che da esse derivano perché adesso abbiamo un metodo per trasformarla, per calmarla. Il quarto esercizio è quello di acquisire consapevolezza del sentimento che genera quella sofferenza: “inspirando sono consapevole di provare questo sentimento, espirando sono consapevole di provare questo sentimento”. Lo stesso vale per le sensazioni neutre e piacevoli: cerchiamo di essere consapevoli anche di queste! Dobbiamo essere consapevoli di tutte le sensazioni e sentimenti per poterli abbracciare con la respirazione consapevole ed in seguito calmarli, così come abbiamo fatto col respiro e col corpo. Quindi per dirlo in una frase sola: essere consapevoli della nostra sensazione e dei sentimenti ad essa correlati, sia che siano piacevoli, spiacevoli o neutri.

A volte alcune persone soffrono così tanto per alcuni sentimenti che provano che quando tornano per abbracciarli ne vengono sopraffatte, quindi prima di abbracciare la sensazione così spiacevole occorrerebbe generare gioia e felicità: è questo il motivo per il quale il primo esercizio prevede di essere incoraggiati a generare gioia, quindi diciamo: “provando gioia inspiro, provando gioia espiro”. Il secondo esercizio incoraggia l’essere felici: “inspiro e mi sento felice, espiro e mi sento felice”.

Quando hai una malattia o un fastidio al tuo corpo e sei andato dal dottore o in ospedale dove ti hanno detto che ti devi operare, ciò potrebbe non avvenire subito a causa dello stato di debolezza del tuo corpo, quindi quello che cercheranno di fare nell’immediato è aiutarti a trovare il modo di prenderti cura del tuo corpo, magari anche attraverso la somministrazione di farmaci e una corretta nutrizione, che ti permetteranno di rafforzarti per permetterti di affrontare in seguito l’intervento chirurgico. Questo processo è un analogia che spiega il motivo per cui, occorre provare gioia e felicità nel terzo e quarto esercizio della pratica delle sensazioni nelle sensazioni; servono a rafforzarci per potere abbracciare meglio le nostre sofferenze e difficoltà. In caso contrario, in presenza di sensazioni di forte sofferenza ne verremo sopraffatti.

A volte le persone domandano come è possibile creare gioia e felicità, oppure chiedono perché soffrono tanto. Dicono che se soffrono non sono nelle condizioni oppure addirittura non desiderano creare gioia e felicità. A volte è vero, quando si soffre si ha la tendenza a non volere fare nulla, ci crogioliamo nella nostra sofferenza. Ma ricordiamoci dell’esempio di prima: anche quando siamo malati a volte non vogliamo prendere le medicine a meno di arrivare sul punto in cui siamo proprio gravemente malati. Solo quando arriviamo a questo punto siamo consapevoli che dobbiamo prenderle queste medicine. Ma perché arrivare a questo punto? prendiamole subito! Quindi anche quando siamo in uno stato sofferente non dobbiamo aspettare per generare gioia e felicità, perché questi sono i farmaci per la sofferenza! Non vogliamo ma dobbiamo.

Dobbiamo anche ricordare. Abbiamo detto all’inizio che la consapevolezza è ricordare, e dobbiamo ricordare che la gioia e la felicità sono delle medicine che dobbiamo prendere. Fanno bene sia al nostro corpo che alle nostre sensazioni che lentamente, agendo in questo modo, questi diventeranno sempre migliori. Ricordiamo che gioia e felicità ti nutrono ogni giorno, devi nutrirti, non aspettare di essere disperato nella sofferenza e nelle difficoltà. Nella tua vita quotidiana, fai ciò che ti rende felice e gioioso, e farlo spesso creerà una buona energia all’abitudine a farlo. Ad esempio se sistemare il giardino o fare una passeggiata ti rende felice, anche se magari in quel momento non ne avresti voglia, fallo lo stesso! Mentre lo fai la non voglia iniziale scompare e tu starai meglio. Anche quando vai a tavola, a volte sai già quello che c’è e magari pensi che oggi quel cibo non lo desideri tanto, vorresti dell’altro. Ma se penso che alla fine mangiare (qualsiasi cosa ci sia) mi aiuta a rigenerare le forze (e la mente) allora mi godo le pietanze, e mentre mangio sto già meglio.

Si tratta sempre di ricordare (essere consapevoli) di ciò che ci fa bene. Quando sono consapevole di qualcosa che mi farà bene fare, avrò voglia di farlo e lentamente anche l’abitudine all’idea di fare ciò che ci fa bene sarà più naturale, senza sforzo e contemporaneamente la non voglia si affievolirà. Questa abitudine è molto utile perché permette di irrobustirci per essere pronti ad affrontare una forte sofferenza quando arriverà.

La consapevolezza porta felicità, ecco perché dobbiamo essere consapevoli della nostra sofferenza, dobbiamo prima riconoscerla e comprenderla, altrimenti non riusciamo a superarla e lasciarla andare. Se la ignoriamo, come potremo capirla? Dobbiamo andare dentro il corpo, sentire dove fa male, abbracciarla, calmarla. Quando siamo in preda di una emozione forte è come se fossimo degli alberi scossi da una tempesta. La cima dell’albero ondeggia e sui rami sono spazzati dal forte vento, tremano. Noi possiamo pensare che cadrà, ma quando poi guardiamo il tronco che è ben stabile nel terreno grazie alle sue forti radici realizzeremo che è molto stabile e quindi non cadrà. La paura che possa cadere se ne va. Allo stesso modo in preda ad una forte emozione all’inizio ne siamo terrorizzati (siamo come i rami della cima), ma sappiamo che se torniamo al respiro consapevole (il nostro tronco), e la paura passa. Iniziamo con l’essere consapevoli del respiro e del corpo, in seguito calmiamo respiro e corpo, proseguiamo con il generare gioia e felicità allo scopo di irrobustirci prima di diventare consapevoli della natura dell’emozione e del sentimento per non esserne sopraffatti ed infine curariamoli con il il nostro abbraccio calmandoli nel contempo.

Oltre ad non ignorare le nostre sofferenze è sbagliato anche fuggire via da esse. Noi fuggiamo perché abbiamo paura ed in preda al panico alla fine finiamo per soffrire ancora di più. E non solo: la prossima volta che succedere ancora la stessa cosa ricadremo ancora nella stessa situazione.

Ecco perché essere consapevoli è l’unica strada per evitare la sofferenza. E il metodo per esercitare la consapevolezza è quello che abbiamo descritto fino a questo momento. E non aspettare ad essere felice solo quando hai superato una difficoltà perché anche il solo fatto di sapere che c’è un metodo per padroneggiare il momento negativo deve già renderti felice. Ricorda: quando sei in difficoltà inizia a respirare e ti senti già meglio nel corpo, e quando ti senti meglio inizi ad essere gioioso. E ti senti felice perché sai già che non stai annegando nel mare delle difficoltà.

Sequenza di esercizi che compongono la pratica della consapevolezza della mente nella mente

Con lo stesso tipo di metodo sappiamo come padroneggiare la nostra mente, infatti la terza pratica prevede la contemplazione, l’osservare la mente nella mente. Essere consapevoli dello stato della nostra mente, ad esempio se siamo felici siamo consapevoli di essere felici, se siamo consapevoli siamo consapevoli di essere consapevoli, se non siamo consapevoli siamo consapevoli di non essere consapevoli, se siamo gelosi, siamo consapevoli di essere gelosi. Lo scopo di questa pratica è quello di non nasconderci al nostro stato mentale perché occorre vedere chiaramente per potere trasformare tutti questi elementi. Non c’è niente per cui (vergognarsi o essere orgogliosi), se soffriamo diciamo che stiamo soffrendo, se non siamo attenti diciamo che non siamo attenti. Non pretendiamo di essere attenti o fingiamo di essere consapevoli se non lo siamo: se siamo consapevoli di essere in errore ammettiamolo. La consapevolezza prevede quindi di ammettere onestamente lo stato in cui si trova la nostra mente senza ignorarla, senza vergogna, finzione, paura o pretesa, senza nasconderla o coprirla; solo così essendo consapevoli riusciremo a comprenderla e guadagnare l’opportunità di trasformarla. Dobbiamo guardare in profondità per vedere e capire come siamo, in maniera da trasformare la nostra mente (e il nostro stato) attraverso lo sviluppo delle buone qualità che abbiamo dentro di noi (vedi post precedente a proposito della coscienza deposito).

Quando qualcuno ci loda non dobbiamo focalizzare la nostra mente per verificare se quello che ci dicono corrisponde al vero e sentircene orgogliosi, ma dobbiamo semplicemente prendere il complimento come uno spunto per fare di meglio, perché noi possiamo sempre essere essere meglio di quello che siamo in questo momento. Allo stesso modo quando riceviamo delle critiche non dobbiamo abbatterci o deprimerci, non perdiamo tempo a verificare la veridicità delle accuse e sopratutto non sviluppiamo risentimento contro queste persone che sono abituate a guardare gli altri dall’alto in basso, altrimenti diventiamo peggiori di quello che siamo in questo momento. Se le altre persone osservando una rosa dicono che è una margherita essa è pur sempre una rosa, non diventa una margherita. Lo stesso vale per noi, se qualcuno ti loda o ti critica tu sei ancora quello che sei, e per saperlo devi essere consapevole, riconoscere quello che sta succedendo nella mente. Quindi quando qualcuno ti loda non sentirti orgoglioso ma unisci le mani e ringrazia per l’incoraggiamento che ti hanno offerto e continua ad essere così, anzi cerca di fare meglio perché tu puoi sempre essere meglio di ciò che sei. Quando qualcuno ti critica non abbatterti ma trasforma quella qualità che è oggetto di critica e ricorda che non devi capire se ti appartiene o perdere tempo a capire se hanno ragione oppure no, prendi solo quella qualità e trasformala.

Qualunque sia il tuo stato d’animo sii consapevole di questo equando ne sei consapevole puoi abbracciare la tua mente allo stesso modo con cui hai abbracciato il tuo corpo e i tuoi sentimenti. Abbiamo detto quindi che la terza pratica è la contemplazione della mente nella mente. Il primo esercizio è acquisire consapevolezza della mente, il secondo è quello di calmarla (o anche rilassarla, renderla felice). A volte abbiamo una sensazione neutra, non ci sentiamo felici e nemmeno tristi, ma dobbiamo essere consapevoli anche di questo stato. In alcuni momento siamo compassionevoli e cercare di andare in aiuto alle persone se comprendiamo che stanno soffrendo, altre volte siamo così altruisti che possiamo perdonarle per averci fatto sentire tristi, ecco come è possibile rendere felice la nostra mente.

Dobbiamo cercare di non rattristarci quando ci capita di soffrire a causa delle nostre cattive energie (che sono presenti nella nostra coscienza deposito e che ogni tanto si manifestano) e non dobbiamo nemmeno essere troppo orgogliosi delle nostre buone qualità (quando anch’esse si manifestano e vengono riconosciute). Abbiamo molte buone qualità ma a volte non le pratichiamo bene proprio a causa dell’orgoglio e della vana gloria. Non c’è niente da essere orgogliosi, anche perché sappiamo bene di avere delle cattive qualità che equilibrano quelle buone. Lo stesso discorso vale rovesciato: quando manifestiamo cattive qualità ricordiamo che ne abbiamo anche di buone.

Abbiamo delle tendenze che operano in maniera quasi automatica a seguito della nostra abitudine a comportarci in un dato modo che rendono manifeste le cattive qualità. E’ questo che dobbiamo cercare di trasformare attraverso la comprensione dello stato della nostra mente. Facendo questo riusciremo a capire anche le altre persone, cosa c’è nella loro mente. Quando vediamo all’opera le nostre tendenze abituali le abbracciamo, ci prendiamo cura di loro e le trasformiamo. Saremo così in grado di vedere anche le abitudini delle altre persone e così possiamo riuscire con più facilità a perdonarle. All’inizio della pratica vediamo con più facilità gli errori delle altre persone rispetto ai nostri. Tendiamo a pensare che gli altri abbiano torto e noi abbiamo ragione. Con la pratica del tornare a noi stessi, osservandoci più in profondità, ci vedremo più chiaramente e più vedendoci con chiarezza più vediamo i nostri errori. Ad esempio se in una discussione vediamo che il nostro interlocutore è arrabbiato, con più facilità vediamo che forse siamo proprio noi che abbiamo detto qualcosa che lo ha irritato, cosa che senza la pratica non saremmo riusciti a vedere, anzi avremmo solo notato la sua irritazione a cui ha fatto seguito un insulto che ci ha fatto tanto soffrire. Ma più pratichiamo più chiaramente vediamo. E più notiamo i nostri errori più lasciamo andare, sempre tornando all’esempio lasciare andare vuol dire perdonare l’insulto, non sentirci tristi e offesi e ricominciare da capo il rapporto con l’altro che sarà più ricco di buone buone qualità. Ecco come, l’essere consapevoli della nostra mente, agisce a livello concreto sulle nostre vite permettendoci di trasformare le cattive qualità e a cambiare in meglio la nostra situazione.

Migliorando la situazione migliora anche la nostra anima e saremo più sereni e felici. Saremo anche calmi e questo ci permette di focalizzarci sul nostro corpo, sulle nostre sensazioni, sui nostri sentimenti e sopratutto sulla nostra mente, perché quello che accade intorno a noi non è così importante come essere consapevoli di quello che invece è presente dentro di noi, nella nostra mente: perciò facciamo attenzione continuamente alla mente. Da qui infatti il terzo esercizio è quello di concentrare la nostra mente. Inspirare concentrandosi sulla nostra mente, espirare sapendo che niente di ciò che c’è intorno è importante come la nostra mente. Se fuori piove o c’è il sole non importa: torniamo prima a curare la nostra mente. Quando la nostra mente è calma e concentrata, non accadrà più di sentirci in balia delle nostre ansie perché ora sappiamo come fare per trasformare la nostra situazione.

Il quarto esercizio della pratica è liberare la mente. Cosa sta cercando di renderci infelici? Da cosa siamo occupati? Forse dal pensiero o dall’idea di quello che gli altri ci hanno detto, di quello che dobbiamo fare nelle prossime ore, di una malattia, del lavoro, della famiglia o della relazione di coppia? Ovvero, di tutte queste preoccupazioni, quale sta cercando ci renderci infelici? Se sei consapevole di ciò che ti rende infelice avrai la capacità di liberati da esso, di lasciarlo andare. E se stai pensando riporta la mente al corpo, segui il respiro, segui le tue sensazioni e lo stato d’animo, comprendi la tua mente e piano piano, lentamente ti sentirai più tranquillo e in questa serenità sarai consapevole che stai liberando la tua mente.

Ad esempio, quando sei arrabbiato con qualcuno torna a prenderti cura del respiro, del corpo, concentrati più su di essi e distogli l’attenzione dalla persona che ti ha fatto arrabbiare, perché più gli dai importanza, più ti arrabbi. Così ti calmerai e sentirai di potere liberare la mente dalla rabbia, e con questa consapevolezza di potere liberare la mente ti sentirai anche più felice. In questo tuo nuovo stato allora avrai anche la forza di tornare alla persona che ti ha causato la rabbia e capire perché lo ha fatto, comprenderla e arrivare a perdonarla. Quando ci sediamo in meditazione non siamo occupati da nient’altro, possiamo respirare e prenderci cura di noi stessi, ci calmiamo e siamo più felici. Dopo non occorrerà più stare qui seduti, potremo tornare alle nostre attività con più serenità.

Negli esempi che abbiamo fatto fino qui abbiamo solo menzionato alcune delle 51 formazioni mentali (o stati d’animo), ma è possibile liberarsi da ciascuna di queste osservandole, contemplandole, calmandole e sentendoci felici. Essere liberi dagli stati d’animo spiacevoli è è senza dubbio qualcosa a cui tutti noi aspiriamo e che vorremmo che anche gli altri sperimentino. Ma esistono tra quelle 51 anche formazioni mentali che di per sé non sono negative, per esempio l’amore. Anche l’amore può essere fonte di sofferenza, per se stessi e per la persona che amiamo, da qui il motivo per cui quando si ama una persona bisogna fare che essa sia libera, bisogna lasciare quella persona libera. A volte accade invece che a causa del nostro forte amore induciamo in noi un attaccamento a volte ossessivo verso quella persona finendo per non lasciarla libera. Facendo così non la rendiamo infelice, anche se per assurdo la amiamo tantissimo. Capite l’importanza di liberare la nostra mente (in questo caso dall’attaccamento alla persona o dal troppo amore)? Così saremo più felici noi e anche le altre persone.

Sequenza di esercizi che compongono la pratica della consapevolezza dell’oggetto mentale nell’oggetto mentale.

Con questa pratica possiamo arrivare a contemplare l’inter-essere (vedi post sull’inter-essere) , il non SE (vedi post sul non SE), la consapevolezza, la compassione, l’impermanenza e molto altro. Ora vorrei soffermarmi sul primo esercizio: contemplare l’ impermanenza. Tutto cambia, niente rimane. Un fiore per esempio adesso è fresco, profumato, ma tra qualche giorno sarà appassito e non odorerà più di buono. Un altro esempio è questo: ci hanno detto che stasera faremo una cena seduti e ci sarà un discorso del nostro Maestro, ma all’improvviso però ci hanno avvisato che ceneremo nelle nostre camere e il Maestro non terrà il suo discorso: ci arrabbiamo, eppure dobbiamo sempre tenere a mente che esiste l’impermanenza. Se siamo consapevoli dell’impermanenza non saremo contrariati dai cambiamenti, dobbiamo trasformare il nostro essere per affrontare con serenità la quotidianità della nostra vita tenendo presente che tutto non può sempre andare come avevamo previsto e che tutto ad un tratto le condizioni di ciò che c’è intorno a noi possono cambiare. Non dobbiamo affogare davanti ad una improvvisa difficoltà: se notiamo l’impermanenza e ne siamo consapevoli possiamo superare serenamente ogni variabile, anche in negativo. Come abbiamo detto prima potremo avere giudicato male una persona, poi ci siamo seduti, siamo tornati al respiro, al corpo e alla mente, le abbiamo calmati, siamo più sereni, torniamo alla persona, la comprendiamo, la perdoniamo e adesso gli vogliamo bene: anche questo fa parte dell’impermanenza. Tutto può succedere, ad esempio siamo arrabbiati con i colleghi per via del lavoro, poi ci succede qualcosa di bello, diventiamo più felici e torniamo a lavorare sereni anche con i colleghi. Tutto questo senza nemmeno esserci seduti a contemplare; è avvenuto naturalmente, grazie all’impermanenza. In una situazione difficile, se siamo consapevoli che tutto cambia, che uno stato di sofferenza non rimarrà per sempre, riusciremo a superare il momento con più serenità. Dobbiamo fare esperienza con il cambiamento, dobbiamo sperimentare l’impermanenza anche delle altre persone, così riusciremo meglio a comprenderle e lasciare andare certi nostri stati di sofferenza che possono insorgere a causa loro. Ad esempio potremo arrovellarci il cervello perchè non riusciamo a capire come mai una persona al mattino ci ha sorriso e al pomeriggio, senza motivo non ci guarda nemmeno. Lasciamo stare, non preoccupiamoci degli altri, anche in loro esiste l’impermanenza; grazie ad essa ogni volta che abbiamo un pensiero negativo, possiamo svilupparne subito uno positivo. E lo stesso possono fare gli altri, magari adesso sono negativi con noi ma poi cambiano idea e ci trattano con amore: cambiano idea. Adesso la loro idea è un altra, perchè dobbiamo sempre guardare il passato, il cambiamento è già avvenuto, non è più la persona di prima con il suo atteggiamento ostile, ora è una persona amorevole, e possiamo perdonarla perché anche noi non siamo più come prima, l’impermanenza ha già avuto luogo, sta avvenendo e avverrà ancora. Tutto è in continuo mutamento.

Se ci rifugiamo in qualcosa credendo che sia permanente, che possa sempre rimanere uguale, finiremo per soffrire. Solo contemplando l’impermanenza con il primo esercizio potremo evitare che questo accada. Non dobbiamo rifugiarci nelle altre persone, che sono impermanenti, piuttosto rifugiamoci in qualcosa di più solido (anche se è pur sempre impermanente) come ad esempio la madre terra che è sempre qui per sostenerci e ospitarci.

Un giorno il maestro mi ha chiesto se la mente è permanente o impermanente. Io ho subito risposto che è impermanente e lui mi ha detto di fare pratica in modo tale da mantenere la mente più permanente possibile. In qul momento ho taciuto ma una domanda mi continuava a ronzare in testa: come è possibile mantenere la mente permanente? Se ci esercitiamo e facciamo pratica, vediamo come prenderci cura della nostra mente affinché sia permanente e questo è qualcosa che non si può capire con la semplice conoscenza, la si può realizzare solo con la pratica.

Nota personale: l’insegnamento del Maestro quindi è una forte raccomandazione nel fare pratica e non abbandonare mai la via della acquisizione della consapevolezza? Solo se non abbandoni mai la via della pratica non cambi, perché la tua mente è resa stabile: forse è questo che intendeva il Maestro con mente permanente. Se notiamo bene lui ha detto “esercitati come per farla diventare permanente”. L’insight è la parola esercitati. E’ per questo che lo scopo non è certo quello di rendere permanente una cosa che per sua natura non lo potrà mai diventare. Il vero scopo è la pratica, in un certo senso occorre impegnarsi per ottenere la stabilità, dove il termine stabilità è da intendersi qui come un sinonimo della parola permanenza. La stabilità da ottenere è quella della mente della persona che pratica nella consapevolezza e che grazie ad essa può sentirsi gioiosa e felice, con se stessa, con gli altri e con il mondo che la circonda. E’ a questo punto che non vogliamo più cambiare il nostro modo di essere, vogliamo rendere permanente la nostra mente consapevole perché ci fa sentire felici. E’ questo che stiamo cercando: la liberazione permanente dalla sofferenza.

Quando rendiamo stabile la nostra pratica siamo in grado di capire meglio le altre persone e sentendoci gioiosi e felici sviluppiamo il desiderio che anche altri possano raggiungere il nostro stato. Diventiamo più comprensivi, compassionevoli e trattiamo tutti con amorevole gentilezza: questo modo di agire è ciò che si definisce nel buddismo la Bodhicitta. La Bodhicitta è da nutrire affinché diventi stabile, nutrirla sviluppando una sorta di permanenza della nostra mente nella Bodhicitta. Fu così che arrivai a rispondere al mio Maestro e gli dissi che ora avevo capito come esercitarmi per mantenere la mia mente permanente.

Quando siamo consapevoli dell’impermanenza non sviluppiamo più nemmeno l’attaccamento alle cose, alle persone e ai pensieri (concetti). Come possiamo sviluppare il non attaccamento alle persone? Amandole adesso. Dal momento che non possiamo sapere cosa accadrà nel futuro, sia lontano ma anche prossimo (anche tra 5 minuti!), e che siamo consapevoli dell’impermanenza, che a volte tutto può cambiare totalmente e anche rapidamente, non attacchiamoci alle persone o al desiderio che rimangano sempre con noi o che il loro modo di comportarsi con noi (se è gentile) non cambi mai: semplicemente amiamole adesso, magari domani oppure tra cinque minuti potremo non avere più la possibilità di farlo, sia noi che loro potremo non essere più presenti l’uno per l’altro. Ecco quindi in che cosa consiste il secondo esercizio: contemplare l’assenza del desiderio.

Il nostro desiderio scompare a causa della nostra consapevolezza della natura impermanente delle cose. Anzi, la natura di tutti i fenomeni è il non-SE, è l’assenza di esistenza permanente, solida, indipendente da tutti gli altri fenomeni. Il SE esiste solo per mera imputazione, per permetterci di comunicare tra noi esseri umani e capire che cosa vogliamo intendere quando diciamo per esempio “portami una sedia”. Il se è una convenzione sociale. Tutti i fenomeni sono caratterizzati da una non nascita e una non morte perché tutto è in continua trasformazione. Ad esempio le nuvole (vedi post precedente sulla assenza del SE): appaiono originando dal vapore acqueo, scompaiono trasformandosi in gocce di pioggia che cadono fino a fare parte di un fiume dal quale noi preleviamo l’acqua per fare un caffè. Quindi il caffè è anche nuvola. Non nasce dal niente e non muore nemmeno. In seguito il caffè diventa cibo per le nostre cellule, probabilmente anche in quelle che danno origine agli ovuli di una donna in età fertile che darà la vita ad un altro essere umano. Il neonato è anche nuvola. Quando diventerà adulto e morirà diventerà cibo per i vermi della terra che a loro volta parteciperanno al processo di fertilizzazione che renderà possibile la crescita di bellissimi fiori e alberi dalle quali cadranno frutti buonissimi … E’ tutto collegato, ogni fenomeno è il risultato di cause e condizioni che si sono unite per originarlo, non c’è niente che nasce di per sé, come nuovo, dal nulla, e niente muore, tutto si trasforma. E’ questo il terzo esercizio: contemplare la non-nascita e la non-morte.

L’ultimo esercizio è la contemplazione sul lasciare andare. Cosa ti rende infelice, preoccupare o soffrire? Lascialo andare! Anche il pensiero, lascialo andare! Anche il tuo continuo pianificare, quello che ti aspetti che accada, lascialo andare! Quando lasci andare la tua mente diventa pacifica, e quando si calma comprendi in che modo puoi risolvere i problemi. Se continui a pensare e pensare la tua mente va in confusione, è turbolenta, un pensiero ne chiama un altro in un vortice senza fine. E’ così occupata da tutto questo che le impedisce di vedere le cose con chiarezza. Anche quando impariamo il Dharma, non dobbiamo accumulare conoscenza, mettiamolo in pratica. E’ tutto qui: la pratica, non hai bisogno di ricordare nulla sulla teoria, anche se non ricordi nulla pratica il lasciare andare e sari più felice e libero. Non devi ricordare a memoria tutto lo schema dei 16 esercizi, cosa c’è nel corpo, i 51 fattori mentali, ecc … quello che devi fare è esercitarti nella pratica, pratichiamo per comprendere una situazione e poi lasciamola andare: questo processo serve per liberare la mente in maniera da vedere più chiaramente le cose come sono nella realtà. Così, quando c’è una situazione che causa preoccupazioni e quando siamo bloccati non sapendo cosa fare, lasciamo andare per un pò, non prestiamo attenzione (questo è uno dei significati di lasciare andare) al problema, liberiamo la mente, calmiamoci e poi torniamo alla situazione problematica: con più calma e più spazio nella mente potremo vederne con maggior chiarezza la soluzione.

Lasciare andare è ben diverso da ciò che si intende con “dare un taglio”. Se hai una relazione difficile con un altra persona e sei abituato a scappare dal problema eliminandolo (in questo caso interrompi la relazione con la persona), è molto probabile che avendo lasciato qualcosa di irrisolto senza averlo compreso, tu possa in futuro ritrovarti in una analoga situazione e soffrire nuovamente. A furia di interrompere le relazioni alla fine rimarrai con il problema irrisolto e da solo con tua sofferenza anche quando sarai circondato da una folla di persone. Lasciare andare significa non prestare attenzione, non troncare. Per esempio se qualcuno ha detto qualcosa che ci offeso non pensiamoci, non gli diamo peso ma torniamo al respiro e al corpo e alla mente per prendercene cura, e poi prendiamoci cura del sentimento che si è manifestato, contempliamo. Lentamente calmiamolo, creiamo spazio nella mente e sentiamoci più liberi. Viene da se che con la mente libera proviamo gioia e felicità ed inizieremo anche ad amare quella persona (grazie alla meditazione sull’impermanenza e sul non-SE) riprendendo la relazione con maggior chiarezza e con una forte probabilità di appianare le divergenze. Avrai la possibilità di riconnetterti con gli gli altri, perché noi dipendiamo dagli altri: è questo il concetto dell’inter-essere. Non c’è io senza il tu. Ecco perché se tagli fuori, se abbandoni senza risolvere rimarrai solo. Quando ti senti connesso agli altri ti senti più forte di quando sei da solo. Per esempio meditare in gruppo, in una sala dove anche tutti gli altri stanno meditando migliora la qualità della tua contemplazione perché ti senti più forte.

Così come abbiamo fatto nella gestione di una relazione occorre a volte tornare a noi stessi e praticare allo stesso modo per eliminare le nostre sofferenze. E’ più doloroso non prendersene cura. Non dobbiamo ignorare la nostra sofferenza, sarebbe come dare un taglio netto ed abbiamo visto che non serve a risolvere il problema. La cosa giusta da fare è lasciare andare un pò senza prestare attenzione, giusto il tempo di guadagnare calma, di rigenerarsi con la gioia, di liberare la mente e per poi tornare alla contemplazione della situazione con maggior chiarezza.

Le quattro pratiche che abbiamo visto oggi, ciascuna con i sui quattro esercizi, sono i quattro fondamenti della consapevolezza. Servono per eliminare le sofferenze del corpo, delle sensazioni, della mente e quelle che originano dalle relazioni interpersonali. Quando abbiamo un dolore respiriamo, calmiamo il respiro, prestiamo attenzione al corpo, calmiamo il corpo, torniamo al dolore e lo abbracciamo. Quando abbiamo una sensazione spiacevole generiamo la gioia, la felicità, torniamo alla sensazione, prestiamo attenzione ad essa e calmiamola. Quando la mente è occupata da un pensiero fisso prestiamo attenzione alla mente, la calmiamo, ci concentriamo su di essa, torniamo sul pensiero e la liberiamo. Quando abbiamo un problema con gli altri contempliamo l’impermanenza, il non-SE, la non-nascita e non-morte, lasciamo andare e torniamo dalla persona con amore.

Dobbiamo nutrire attraverso la pratica la conoscenza di tutti gli esercizi che abbiamo visto, e dico attraverso la pratica perché la sola nozione teorica non ci permette di entrare in contatto con il vero significato di tutti gli aspetti che costituiscono i 4 pilastri della consapevolezza. Ad esempio la meditazione, sia che siamo seduti o che si cammini, si può conoscere solo praticandola, la si sviluppa solo facendola, ne vedremo i benefici solo se tutti i giorni la facciamo. E lo stesso vale anche per la contemplazione sulla impermanenza o per esempio sul lasciare andare. Certo, a livello teorico uno può avere un idea di base, ma solo durante la pratica la si conosce veramente, la si sviluppa e se ne traggono i benefici. Deve essere una abitudine alla pratica, all’inizio magari è difficoltoso e costa un pò di sforzo, questo è normale, ma se ci abituiamo la pratica entrerà a far parte del nostro essere, e sarà spontanea. Quando ci accorgiamo che diventiamo ogni giorno più liberi e felici, più in grado di affrontare i problemi, chi è quella persona che vedendo tali benefici ci rinuncia? Nessuno. Più si pratica più ci sentiamo liberi e felici nel nostro percorso verso l’illuminazione, che vi auguro possiate trovare presto. Grazie per avermi ascoltato.

La felicità alla luce del inter-essere – Tich Nhat Hanh

L’inter-essere è una nuova parola che non è ancora nel vocabolario, ma che spero molto presto venga inserita. Abbiamo la parola essere già presente in esse, ma io preferisco inter-essere, dato che non è possibile essere da soli, starsene in disparte, per conto proprio. Abbiamo bisogno delle altre persone per poter essere. Non c’è bisogno solo del padre e della madre, c’è bisogno anche di tutti gli altri, della società di persone. C’è anche bisogno del sole, dell’aria, degli uccelli, della pioggia, degli alberi e così via … Alla fine vedete che impossibile stare soli. Bisogna inter-essere con qualcuno o qualunque altra cosa: ecco perché essere significa inter-essere.

L’uomo è fatto di elementi non-uomo, questa è la visione profonda portata dalla pratica della consapevolezza. Proteggere gli elementi non-uomo significa proteggere l’uomo, non c’è altro modo. Perciò se non si può essere felici con se stessi come può l’ambiente trarre vantaggio da noi stessi? Questo è il motivo per cui dobbiamo dire due cose: proteggere gli elementi non-uomo è proteggere l’uomo e proteggere l’uomo è proteggere gli elementi non-uomo. Questo è l’insegnamento del Buddha, ma noi cerchiamo la nostra felicità individuale che non può mai esistere (dal momento che non siamo mai soli).

Guardate la madre e la figlia: sappiamo molto bene che se una non è felice nemmeno l’altra potrà esserlo. Questo è un esempio che ci aiuta a capire che la felicità deve essere inclusiva degli altri esseri e quindi è necessario che sia vista alla luce dell’ inter-essere. Quando incontri tua madre sorridi! Quando vedi la felicità dipinta sul suo volto ciò ti renderà a tua volta felice. Perché il modo migliore per essere felici è fare felice un’altra persona.

Joyful Parents Succesful Children – Lama Zopa Rinpoche – Insegnamento dei sette fondamenti per la pace e felicità (cap.4)

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Insegnamento dei sette fondamenti per la pace e felicità

Oltre alla generazione di un cuore generoso, ci sono sette fondamenti base a cui dovete educare i vostri figli, e che io chiamo “I sette fondamenti per la felicità e la pace”. Questi sette fondamenti sono basati su una selezione di 16 regole del Dharma clicca qui x approfondimenti e sono state stilate tanto tempo fa in Tibet dal Ven. Songtsen Gampo, considerato una reincarnazione del Cenrezig, il Buddha della compassione. L’obiettivo delle regole in questione fu fatto per permettere a tutti di vivere una vita più sana e significativa, e come risorsa di pace e felicità per gli altri. Seguendo le regole, le persone si sforzeranno di evitare il karma negativo e fare in modo che tutte le azioni che compiano creino un buon karma.  Dal momento che anche i bambini dal canto loro hanno bisogno di creare buon karma, hanno bisogno che gli siano insegnati almeno i sette fondamenti, in modo da sperimentare una vita felice.

Proprio come un mendicante di strada che non è nutrito da nessuno che magari mangia cibo delizioso in un ristorante costoso, così i vostri bambini non sperimenteranno felicità solo grazie al vostro karma positivo che avete creato; al contrario essi devono crearsi il loro buon karma da soli.

1.GENTILEZZA

Il primo dei sette fondamenti per la felicità e la pace è la gentilezza. Dovreste incoraggiare i vostri figli a praticare la gentilezza nella loro vita quotidiana, non solo coi propri compagni di gioco ma anche con i loro nemici, con gli animali e gli insetti. Pensando alla felicità degli altri e praticando la gentilezza tutto il tempo, giorno e notte, essi porteranno la pace a tutti gli esseri senzienti. Anche nel loro cuore ci sarà pace, e non importa la situazione in cui si trovano, e se le cose si faranno difficili, ovunque essi saranno renderanno felici gli altri.

Quando vedranno che le loro azioni positive e i loro atti di gentilezza renderanno felici gli altri, questo renderà felici anche i vostri bambini, a partire da subito, in questa stessa vita. Ma gli atti di gentilezza che essi compiono adesso avranno anche degli effetti a lungo termine anche nelle loro future vite. Con ogni azione positiva essi creano le cause affinché il loro desiderio di pace e felicità, immediato e futuro si realizzi.

Il risultato di anche solo una azione di gentilezza è la felicità. Questo perché buone e cattive cose – karma positivo/negativo – portano rispettivamente a sperimentare felicità /sofferenza. Una altra caratteristica del karma – la legge della azione e reazione o causa ed effetto – è che questo si espande nel tempo.

A causa di questo, anche solo una piccola azione fatta con cuore generoso, una sincera compartecipazione alla gioia di una altra persona, avrà come effetto che si sperimenterà felicità per centinaia o migliaia di vite future.

Al contrario, danneggiare qualcuno anche solo lievemente, sarà la causa del verificarsi di conseguenze non volute portatrici di problemi ed infelicità per centinaia o migliaia di vite future. Quindi la prima o più importante cosa da insegnare ai vostri figli è la gentilezza. La gentilezza li farà felici, il che renderà felice anche voi che a vostra volta farete felici anche altri esseri.

2.RIGIOIRE

Il secondo fondamento per la felicità e la pace da insegnare ai vostri bambini è la capacità di rigioire quando delle buone cose accadono alle altre persone, come ad esempio essere attraenti, essere amati, avere una bella casa e una bella macchina, ricevere una buona educazione, fare un lavoro interessante o condurre degli affari che lo rendono benestante. E’ importante per i vostri bambini  gioire per queste persone, di sentirsi felici per loro, anziché esserne invidiosi, provare gelosia o desiderio di possedere i loro beni. Questi sentimenti negativi sono frutto di uno stato mentale infelice, causa del verificarsi di ostacoli che impediscono il realizzarsi dei desideri di felicità degli altri così come quelli dei vostri stessi bambini. Dovreste insegnare ai vostri bambini di essere felici per gli altri quando sono felici. Dilettarsi ed essere contenti della fortuna degli altri – come una madre si rallegra nel vedere i propri figli felici – terrà la loro mente felice e darà loro una sensazione di pace interiore. Renderà il loro stato mentale salutare e farà si che la loro vita sia piena di eventi positivi piuttosto che negativi, e saranno protetti dalla depressione.

Svolgere la pratica del rigioire, essere grati quando cose positive accadono agli altri, sarà la causa della creazione di karma positivo.

Sia che i vostri figli accettino o meno che la legge del karma funzioni,  il rigioire per tutte le cose buone che accadono renderà i loro pensieri costantemente virtuosi. Questi pensieri saranno la causa per il successo nella loro vita attuale e in quelle future,  essi continueranno a sperimentare risultati positivi e non sarà solo per una o poche volte. Rigioire per azioni positive compiute da loro stessi o da altri è la via più facile per accumulare una estensiva quantità di meriti, che sono la causa per la felicità.

Quando il rigioire prende posto nella mente, è possibile praticare mentre si cammina, si mangia o anche mentre si sta seduti. Potete insegnare il rigioire ai vostri figli in qualsiasi momento, in questo modo essi possono fare pratica nel sentirsi grati numerose volte ogni giorno. Con una mente felice essi interagiranno con gli altri in modo positivo per cui svilupperanno con loro buone relazioni. Essi potranno quindi essere abili nell’aiutare gli altri e a renderli felici. Rigioire è una pratica sana e rende la vita più significativa. E’ anche una delle pratiche di psicoterapia per mantenere una mente felice.

Per tutte queste ragioni è estremamente importante insegnare ai vostri bambini a rigioire per le buone qualità e fortune delle altre persone.

3.PAZIENZA

Il terzo fondamento per la felicità e la pace a cui i bambini devono essere addestrati è la pazienza. Se i bambini sono liberi dalla rabbia, non fanno del male a se stessi o gli altri e nemmeno agli animali e agli insetti, così non creano karma negativo. Dall’altro lato se hanno una tendenza ad arrabbiarsi, questa rabbia, disturbando la loro mente non solo li renderà infelici, ma essi finiranno per fare del male anche a tutti gli altri esseri senzienti. A causa anche di un singolo atto compiuto sotto l’influenza della rabbia, essi sperimenteranno la sofferenza non solo dei reami di esistenza inferiori, ma in seguito anche nell’esistenza come umani. Questo perché grazie alla maturazione di una quantità di karma positivo, dopo essere rinati nei regni inferiori otterranno nuovamente una rinascita umana e continueranno a sperimentare l’effetto della sofferenza dovuto anche solo ad un singolo atto di rabbia compiuto in precedenza. Gli effetti negativi quando si ha una rinascita inferiore possono essere quelli di avere un aspetto poco piacevole, avere problemi di salute, ostacoli di varia natura che impediscono una vita tranquilla, avere molti nemici, poche risorse economiche, ecc …

La rabbia – che è l’opposto della pazienza – distrugge anche i meriti precedentemente accumulati che sarebbero stati la causa per una vita felice, sia di quella attuale che delle future, oltre che impedire delle buone rinascite, anche nei regni inferiori (ad es. un conto è rinascere come cane randagio e un conto è essere cane che vive insieme ad altri cani in una grande casa con giardino dove non c’è nemmeno  il problema di trovare cibo). La rabbia distrugge anche i meriti che sarebbero stati la causa per l’ottenimento della felicità ultima che renderebbe chiunque libero dal Samsara e quelli per  ottenere l’ illuminazione. La rabbia è proprio dannosa, causa incredibile sofferenza a chi ne è preda e a tutti gli altri esseri.

Educare i vostri figli alla virtù pazienza  impedirà loro di essere in futuro una persona con la tendenza alla rabbia. La pazienza lascerà impronte positive nella loro mente in modo tale da avere l’opportunità di sviluppare ancora più pazienza in futuro, e questo avrà come risultato il fatto di non fare più del male agli altri in nessun modo. In questo modo essi porteranno pace nel mondo e agli altri esseri, vita dopo vita. In passato nel mondo ci sono state delle persone che essendo in posizioni di potere non hanno praticato la pazienza ed hanno torturato e ucciso milioni di persone innocenti. Insegnando la pace ai vostri bambini, gli altri, a partire dai membri della vostra stessa famiglia, non saranno vittime di atti che potrebbero nuocergli, e al contrario riceveranno pace. Se invece essi tendono ad essere arrabbiati, motivati dalla loro mente malsana, offenderanno gli altri verbalmente e/o fisicamente, i quali a loro volta, con ogni probabilità, reagiranno con gesti altrettanto malevoli nei loro confronti.

Insegnando ai vostri figli a praticare la pazienza e ad evitare di danneggiare o fare del male ad altri, serve prima di tutto per portare grande beneficio a loro stessi,  ma anche le persone che avranno intorno potranno godere di questo beneficio e ciò renderà le loro relazioni armoniose e durature.

Per tutte queste ragioni,  come genitori dovete imparare voi stessi  sviluppare la pazienza e insegnare ai vostri figli ad esserlo ancora di più.

4.PERDONO

Come genitori dovreste insegnare ai vostri figli che anche nel caso qualcuno facesse loro del male, o in qualche modo li danneggiasse, la risposta migliore da dare è perdonare i responsabili di questi atti malevoli.

Il perdono è estremamente importante: apre il cuore sia di colui che perdona che di colui che è perdonato.

Piuttosto che serbare rancore, se i bambini saranno in grado di sviluppare la tendenza a perdonare gli altri, ci sarà pace nei loro cuori, così come ci sarà pace nel cuore di chi ha fatto loro del male (notando che non gli viene serbato rancore). Senza addestrarsi alla virtù del perdono, il significato della vita dei vostri figli e il loro proposito – in quanto essere nati come esseri umani – di portare pace a se stessi, alla vostra famiglia e tutti gli altri esseri, andrà perso.

Inoltre se a coloro che hanno fatto del male ai vostri figli, al posto del perdono viene restituito un danneggiamento, non solo questi vorranno ripetere la azione malvagia nuovamente verso i vostri figli, ma magari anche verso di voi che siete i loro familiari o verso gli amici dei vostri figli. E grazie a questo karma negativo dovuto a queste continue azioni di ritorsione i tuoi figli saranno oggetto di azioni malevole o saranno uccise non solo in questa vita ma anche per centinaia  di vite future, sempre dalle stesse persone e sotto diverse forme di esistenza. In questo modo la sofferenza che proveranno i vostri figli sarà eterna, senza fine. Viceversa, attraverso il perdono delle persone da cui i vostri bambini ricevono azioni malvage, essi non daranno luogo a nessuna ritorsione, non danneggeranno gli altri e nemmeno  voi e i loro amici. Quindi attraverso il perdono innumerevoli persone saranno salvate dalla creazione di Karma negativo.

Una volta ho visto in TV una intervista ad una donna alla quale fu rapita, violentata e uccisa la figlia. Sebbene non fosse buddista, la donna disse che lo perdonava anziché di desiderare di ucciderlo, e questa abilità di perdonare veniva dal profondo del  suo incredibile buon cuore. Un altro uomo disse che nonostante una altra persona gli avesse sparato 6 volte senza ucciderlo, non aveva il desiderio di sparargli a sua volta, e non solo: non voleva nemmeno che finisse in prigione. A causa del loro buon cuore, queste due persone furono capaci di sperimentare una maggiore pace mentale e felicità in questa stessa vita. Dovete cercare di essere come queste due persone ed insegnare ai vostri figli a fare altrettanto.

5.CHIEDERE SCUSA

Un altro fondamento è quello di insegnare ai vostri figli a chiedere scusa qualora capitasse loro di fare del male a qualcun altro, anche solo per avergli rivolto la parola in modo aggressivo, per averli insultati direttamente o avere parlato male alle loro spalle o avere gettato discredito su di essi per cercare di trarne qualche tipo di vantaggio. Se i vostri figli chiederanno immediatamente scusa per i loro errori, questo porterà la pace nei loro cuori e in quello delle persone che hanno offeso. Come risultato queste persone non serberanno alcun rancore verso i vostri figli, non chiuderanno il loro cuore, non smetteranno di rivolgere loro la parola e non si sentiranno in alcun modo a disagio in presenza di essi.

Attraverso la pratica del chiedere scusa i tuoi figli continueranno ad avere buone relazione con le persone verso cui erroneamente hanno rivolto azioni negative. Purificare gli avvenimenti spiacevoli in questo modo porterà felicità a tutti coloro che sono coinvolti negli avvenimenti.

Come risultato, la pace si sprigionerà da una persona all’altra e i tuoi figli daranno un contributo alla pace nel mondo.

6.APPAGAMENTO

Una altra qualità che è assolutamente essenziale da coltivare nei vostri bambini è l’appagamento. Molti problemi del mondo derivano dal fatto che le persone sono insoddisfatte e seguono i loro desideri. Perfino i miliardari che hanno accumulato così tanti beni e ricchezze da mettere posto se stessi e i loro figli per più generazioni finiscono in prigione per dopo che sono stati scoperti a creare fondi scoperti depredando il denaro delle altre persone. Di fatto le notizie sui giornali sono piene di persone che, guidate dalla avidità, si lasciano coinvolgere in attività illecite che causano sofferenza ad altre persone, e infine anche a se stessi.

Quando i giovani si sentono insoddisfatti c’è un alto rischio che finiscano, in età più adulta, per cadere nel vortice dell’alcoolismo o della droga. Una volta che cadono nella rete diventano inabili a condurre una vita normale, a trovare o tenersi un lavoro, un compagno e smettono anche la pratica del dharma. Inoltre la dipendenza può arrivare a distruggere totalmente la loro vita.

L’appagamento d’altro canto, li proteggerà dallo sviluppare cattive abitudini che potrebbero rovinare loro la vita e gettarla nella spazzatura causando dolore anche alla loro famiglia.

Quindi imparare a non essere preda dell’attaccamento e dal desiderio è veramente molto importante, dovresti proprio insegnare ai tuoi figli come essere contenti e soddisfatti di quello che hanno.

7.CORAGGIO

L’ultimo dei sette fondamenti per la pace e felicità che dovresti insegnare ai tuoi figli è il coraggio. Spesso le persone hanno la tendenza a mettere se stessi in difetto: “sono senza speranza!”, “non so fare niente!”, “non riesco!”. Vedendo se stessi privi di buone qualità  diventeranno depressi e non saranno abili ad essere aiuto per nessuno. Con il corraggio – pensando “Posso farlo!” – i tuoi figli avranno una mentalità positiva che porterà loro successo nelle imprese sia mondane che spirituali (Dharma).

Il coraggio darà loro la forza mentale di cui hanno bisogno per sviluppare al meglio le loro qualità positive ed essere certi che possono essere di aiuto anche a chi è in difficoltà, per portare loro la felicità. Li renderà abili a sopportare le difficoltà che si incontrano nell’abbandonare la mente egoistica.

Il coraggio è particolarmente importante in oriente, dove molte persone, pensando che loro vita sia priva di significato, diventano depresse e si suicidano. Per queste ragioni è molto importante che i vostri figli posseggano una buona dose di coraggio.

Come genitori, dovreste considerare i sette fondamenti per la felicità e la pace come una linea guida per l’educazione dei vostri figli e per la vostra stessa pratica. Queste sette qualità danno un idea su come tirare su i figli, in cosa e come aiutarli. Sviluppandoli, invece di causare danni o loro stessi e agli altri, vita dopo vita, i vostri bambini riceveranno benefici per se stessi, le loro famiglie, gli amici e tutti gli esseri senzienti. Con la pratica dei sette fondamenti i vostri figli saranno felici e faranno delle buone cose per gli altri, creando nel contempo le cause per essere felici in futuro. Anche se solo fossero in grado di sviluppare solo  il primo dei sette fondamenti, la gentilezza, e a trattare ogni persona che incontrano con gentilezza, l’effetto per loro stessi e sugli altri sarà meraviglioso.

Vorrei enfatizzare il punto principale ancora una volta: se scegliete di avere dei figli, dovete avere un piano su come essere genitori che saranno in grado di portare beneficio al mondo e a tutti gli altri esseri senzienti. Anche se non sarete in grado di insegnare loro tutti e sette i fondamenti, dovete tentare di educarli al massimo numero possibile. Inoltre, come genitori, avrete bisogno di praticare voi stessi queste qualità con lo scopo di essere di esempio per i vostri figli. In questo modo essi impareranno direttamente da voi e molto più facilmente potranno sviluppare loro stessi quelle qualità. In breve, il vostro lavoro di genitore è di educare i vostri figli ad essere dei buoni esseri umani che non fanno del male ad altri, anzi che portano agli altri e al mondo intero solo benefici e felicità.