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I dodici anelli dell’origine dipendente

Fonte originale : Studybuddism Questa è una personale e libera interpretazione dei contenuti originali che ho riportato nella forma di un riassunto.

Simbologia

immagine tratta dal sito https://www.taijiquan-torino.org/la-ruota-della-vita.html

Questa raffigurazione rappresenta il ciclo dell’esistenza. Ogni figurina rappresenta un diverso significato; personalmente trovo che i pittogrammi mi aiutino a ricordare tutti i numerosi concetti che tratteremo. Nel cerchio più interno troviamo una gallina (Attaccamento), il serpente (Avversione) e il maiale (Ignoranza); questi sono i tre veleni principali dell’esistenza. Ognuno degli animali è raffigurato mentre morde la coda dell’altro, a significare che ciascuna passione velenosa alimenta le altre in una spirale senza fine.

Il cerchio immediatamente adiacente è diviso in una metà chiara e una nera. Nella metà chiara e fasi della vita umana: il bambino, la maturità e la vecchiaia. L’andamento prosegue dal basso verso l’alto (verso la luce) a significare l’evoluzione della saggezza che darà luogo ad una rinascita nei regni superiori. Nella metà nera si nota un essere infernale che con una catena trascina verso il basso (verso l’oscurità) dei corpi umani, a significare che potremo anche non riuscire a liberarci dalle catene dell’ignoranza dando luogo ad una rinascita nei regni inferiori.

Il cerchio successivo è diviso in sei sezioni che raffigurano i regni dove può avvenire la rinascita. Sono arricchiti da una allegoria degli stati mentali che gli esseri possono sperimentare in quella particolare rinascita:

  • Divinità: Buddha sul trono di luce
  • Semidei (Arya): procedendo a sinistra in senso antiorario. Gli esseri sono in un fortino dove una parte tenta di arpionare gli esseri dei livelli superiori e altri si difendono da quelli degli esseri inferiori. Simboleggia il fatto che anche in questo regno, si è sottoposti al veleno del desiderio bramoso (attaccamento) verso la buddità e dal non desiderio bramoso di rinascere nei regni inferiori
  • Esseri umani: partendo dal Buddha, a destra in senso orario. Sono raffigurati mentre svolgono varie attività
  • Animali: sotto i semidei; ci sono animali liberi e animali da lavoro, a significare le qualità della rinascita anche all’interno dello stesso reame; un conto è nascere animale predatore che è in grado di procurarsi cibo o aquila libera di volare, un altro è nascere come animale da preda che è destinato a scappare o a nascondersi per tutta la vita per poi morire sbranato quando non è più in grado di farlo.
  • Esseri famelici: sotto gli umani; sono raffigurati con l’addome gonfio e il collo lungo. E’ un regno inferiore dove la sofferenza è molta ed è rappresentata dal fatto di non potere mai mangiare abbastanza per riempirsi lo stomaco (visto che questo è sproporzionatamente enorme) e non potere mai dissetarsi perché l’acqua non riesce mai a raggiungere il corpo (visto che il collo è lunghissimo).
  • Esseri infernali: in basso; sono raffigurati mentre subiscono torture d ogni genere, ognuna correlata direttamente alle azioni stesse che hanno causato la loro rinascita in quel regno; per esempio l’assassino viene continuamente trafitto da una spada, il macellaio viene bollito in pentola, ecc…

Nel cerchio più esterno la simbologia rappresentativa dei dodici anelli. A partire dal centro in alto e proseguendo in senso orario:

  • ignoranza: una vecchio cieco con bastone che si dirige verso un burrone.
  • fattori karmici: un vasaio all’opera.
  • coscienza: una scimmia che salta da una casa all’altra.
  • nome e forma: rappresentati come due uomini su una barca in balia delle onde.
  • percezione: una casa con sei finestre, a rappresentare i sei organi sensoriali.
  • contatto: una coppia che copula.
  • sensazione: un uomo che corre con una freccia infilata in un occhio.
  • desiderio: un uomo a tavola che alza un bicchiere di alcolico.
  • attaccamento: una scimmia che coglie frutta da un albero.
  • divenire: una donna stesa che invita all’accoppiamento.
  • nascita: una partoriente.
  • vecchiaia e morte: un uomo porta sulle spalle un cadavere avvolto in un lenzuolo.

Aggrappato con gli artigli al grande cerchio e con la bocca spalancata c’è il Signore della Morte che tutto divora e ci ricorda la non permanenza delle cose (a partire proprio dalla vita!). Al di sopra, in genere nell’angolo destro, viene raffigurato il Buddha che indica il sentiero dello sviluppo spirituale che conduce alla cessazione del Samsara.

Introduzione

La teoria filosofica buddista dei dodici anelli dell’origine dipendente è uno dei concetti chiave della filosofia Buddista. L’Origine Dipendente è la comprensione che tutti i fenomeni sorgono in mutua interdipendenza. Nessun essere o fenomeno esiste in sé, ma solo in relazione ad altri esseri o fenomeni, perciò tutti i fenomeni sono “vuoti”, privi di esistenza intrinseca. Approfondiremo questi concetti di seguito. I dodici anelli descrivono il processo di nascita e morte dell’individuo e identifica il meccanismo con cui i vari stadi e i processi  influiscono sulla sua rinascita.  Attenzione perché la rinascita di cui parliamo riguarda la mente; più precisamente la continuità della mente intesa come attività mentale che accompagna tutte le esperienza di qualsiasi fenomeno che accade intorno a noi per tutta la durata di una vita, comprese la nascita e la morte. Perché abbiamo detto “continuità della mente”? Proprio perché il momento di ciò che la mente sta sperimentando adesso è seguente al momento precedente, in un continuo flusso di sorgere, esistere e cessare. Per fare un esempio figurato potremo dire che la nostra vita è una linea continua se vista da molto lontano, ma quando ci  avviciniamo per vedere meglio ci accorgiamo che in realtà essa è composta da tanti piccoli trattini vicini l’uno all’altro. 

Tutte le nostre esperienze sono contaminate dalla confusione dovuta alla inconsapevolezza della natura non permanente dell’”io”, delle persone e delle cose. Non permanente significa credere che tutti i fenomeni esistono come entità indipendenti, “solide”. Questa falsa credenza crea l’illusione di un ’”io” “solido”, e questa consistenza ci porta a credere al fatto che sia indipendente dalle altre persone e da quello che gli accade intorno. Questo stato di confusione, fa sì che un buon numero di tutti i momenti che compongono la vita, siano caratterizzati da difficoltà, problemi  e sofferenza. Nella filosofia Buddista questa esistenza nella confusione e nella sofferenza  è chiamata “Samsara”. La buona notizia è che possiamo liberarci da questa confusione (causa), eliminando di conseguenza anche la sofferenza (effetto). E’ questa la rinascita di cui parliamo, è comunque da tenere presente che “tecnicamente” questa situazione non è una vera e propria rinascita, ma è sempre la continuità della nostra esperienza individuale e soggettiva delle cose: è uno stato di “liberazione” o “nirvana” perché ci  siamo liberati dal Samsara.

Il processo della liberazione dal samsara per raggiungere non soltanto la liberazione dalla sofferenza ma anche, alla fine, l’illuminazione implica attraversare vari stadi che è  importante conoscere e dei quali è necessario comprendere come funzionano e interagiscono tra di loro. Questo viene illustrato nei dodici anelli dell’esistenza dipendente. Andremo anche ad esplorare il modo in cui una corretta comprensione della vacuità o della realtà è in grado d’interrompere le rinascite e ottenere la liberazione e l’illuminazione. La parola “anello” viene usata in questo contesto perché il processo viene descritto come una catena lineare, ma questo non deve indurci a credere che si susseguano in una vera e propria sequenza lineare. Esistono infatti diversi modi e differenti sequenze con cui è possibile illustrarli.

Primo anello: l’ignoranza (inconsapevolezza)

L’ignoranza è il primo dei dodici anelli, dove ignoranza è intesa come mancanza di consapevolezza (quando non sappiamo qualcosa), o confusione (quando comprendiamo in maniera errata).  Tutte e due i termini da ora in poi verranno indicati dalla parola “inconsapevolezza”. Inconsapevolezza di che cosa? 

In primo luogo della vera natura della realtà, cioè del modo in cui tutte le cose esistono: crediamo che esistano indipendentemente da tutto e  rendendole “concretamente esistenti”, quando in realtà esse sono interdipendenti e “vuote” di un esistenza a se stante (intrinseca). Quest’ultimo è il concetto di “vacuità” che verrà trattato più avanti. Per esempio  il nostro partner ci ha abbandonato e ci sembra come se avessimo un problema mostruoso, concreto, solido e pesante. In realtà non c’è alcuna cosa mostruosa nei paraggi, in quel momento, tutto quello che accade veramente è che stiamo guardando fuori dalla finestra, magari piove pure e ci sentiamo un po’ tristi. E’ quest’ultimo l’aspetto corretto della realtà di cui essere consapevoli. 

In secondo luogo delle cause e degli effetti del nostro comportamento, o meglio della connessione tra il nostro comportamento (di quello che diciamo, facciamo e pensiamo ) e quello che proveremo come suo risultato. In pratica si tratta dell’inconsapevolezza del modo in cui le persone esistono, sia noi che gli altri. Ci sono due tipi di inconsapevolezza: una ha una base dottrinale mentre l’altra è quella che sorge spontaneamente. L’inconsapevolezza avente una base dottrinale è qualcosa che può nascere dal condizionamento della nostra famiglia, società, televisione e così via, che causa delle nevrosi profondamente radicate. L’inconsapevolezza che sorge spontanea tutti ce l’hanno, ed è causata della maniera limitata in cui la nostra attività mentale fa apparire le cose. Le fa apparire come se noi esistessimo come un solido “io,” il cosiddetto falso “io,” e abbiamo la sensazione che sia proprio così. Sembra come se “io” esistessi come un’entità concreta, non influenzata da nulla, sempre una e la stessa, un’entità separata dalla mia esperienza. A un livello più profondo, sembra come se “l’io” fosse un capo che controlla tutto ed è seduto dentro la nostra testa.

A questo punto facciamo due brevi puntualizzazioni . La prima occorre differenziare quello che nel Buddhismo chiamiamo “’io” e quello che chiamiamo “falso io.” Il primo io è necessario e deve poter  funzionare in questo mondo perché serve nella società ,  serve a livello di “convenzione sociale”. La seconda è la necessità di conoscerla  differenza tra la coscienza di sé e la consapevolezza di se stesso. La coscienza di sé ha come perno questo falso “io”, ad esempio: “Sono preoccupato di me stesso” è quando pensiamo che tutti gli altri sono preoccupati per i loro problemi personali, e non sono interessati ai nostri. La “consapevolezza di se stesso” è l’essere consapevoli delle nostre motivazioni, di quello che proviamo, è l’essere coscientemente consapevoli di quello che succede dentro di noi ad ogni istante. È focalizzata non sull’”io” ma su quello che sta realmente accadendo. 

Riassumiamo un po’ tutto adesso. L’inconsapevolezza, ovvero il primo anello dell’origine dipendente, è l’inconsapevolezza del modo in cui noi e gli altri esistiamo. Ci sembra come se esistessimo come una sorta di “io” concreto, solido. Ma non sappiamo che in realtà questo è soltanto un’apparenza o una sensazione che non corrisponde alla realtà. Questa inconsapevolezza ci rende storditi e così siamo insicuri di noi stessi e indecisi. Essendo insicuri di noi stessi, ci afferriamo ostinatamente a qualsiasi cosa abbiamo deciso per poter acquistare un po’ di sicurezza. In effetti, la nostra intera vita è spinta dall’impulso a cercare di mettere al sicuro questo solido “io.” Quest’impulso raggiunge il massimo al momento della nostra morte. Vogliamo disperatamente che questo solido “io” continui ad esistere, a qualsiasi costo. Questa è la forza motrice che ci porta ad un’altra rinascita con la continua inconsapevolezza del modo in cui esistiamo. 

Concludendo,  la maniera corretta di interagire con gli altri conoscendo il comportamento delle persone è che dovremo avere la consapevolezza che semplicemente tutto quello che sta davvero accadendo è che ti sto vedendo, sto parlando e interagendo con te. L’inconsapevolezza del modo in cui esistiamo si auto-perpetua a causa del meccanismo che sorge automaticamente e che la rafforza. Più comprendiamo quello che sta succedendo e più proviamo disgusto. È come pensare che la nostra situazione in ufficio vada bene e poi scopriamo che il nostro capo è disonesto. Quando scopriamo la frode del nostro falso “io”, ne siamo disgustati. Sviluppiamo la determinazione ad esserne liberi. Questo viene normalmente chiamato “rinuncia”: la determinazione ad essere liberi dal samsara e la completa disponibilità ad abbandonarlo.

Secondo anello: Le formazioni Karmiche

Il Karma è la nostra tendenza a comportarci sempre secondo uno stesso schema. Quante volte ci è successo che, davanti ad una situazione diciamo “Ah! Sarà stato per colpa del mio karma!”. Se noi ci troviamo in una certa situazione (effetto) è perché abbiamo agito in una determinata maniera (causa). Il principio di causa ed effetto nel buddismo dice proprio questo: ogni azione darà luogo ad un risultato. Una volta che una azione è stata compiuta il risultato maturerà senza ombra di dubbio. Volendo continuare si potrebbe anche affermare che spesso il risultato fungerà da causa per un altro risultato. Ad esempio: ho insultato una persona (causa) e questa mi prende a bastonate (effetto). Per via delle  bastonate prese (causa) io finisco in ospedale (effetto) e l’altro viene arrestato (effetto). Per vie dell’arresto (causa) il poliziotto che compie l’arresto riceve una medaglia (effetto), e così via …

Tornando al karma, dobbiamo essere più precisi e parlare di “impulso”. Prima  e durante il compimento di una  azione abbiamo un impulso che è il karma proiettante (grossolano). Esso ha la forza di proiettare il nostro continuum mentale in uno specifico stato di futura rinascita. Immediatamente alla fine (contemporaneamente) del compimento dell’azione ne abbiamo un altro più sottile e difficile da percepire che è il karma completante. Esso ha soltanto la forza di completare le condizioni e i dettagli di quella rinascita. Esempio 1: durante la vita come lavoro facevamo il macellaio, ci dispiaceva fare male alle bestie ma c’era la necessità di dare da mangiare alle persone. Il karma proiettante ci farà rinascere come animale nella prossima vita, mentre il karma che completa fa in modo che noi saremo un cane che vive in una casa con una famiglia che lo ama e lo coccola. Esempio 2: facciamo il macellaio come lavoro, più perché ci piaceva uccidere le bestie che per dare da mangiare alla gente. Il karma che proietta mi farà rinascere come animale e il karma che completa farà si che io sia un animale da preda, costretto a scappare e nascondersi tutta la vita per poi finire sbranato da un animale più grosso di me.

Oltre a questi due tipi di karma ne esiste un altro (sempre sottile), che si chiama “strascico karmico”. E’ come una vibrazione, specie di energia sottile che rimane li dopo che abbiamo compiuto l’azione. Un po’ come quando ci siamo infuriati e abbiamo gridato come matti. Al ritorno nel silenzio sentiamo ancora l’eco delle grida e il nostro cuore batte forte. Lo strascico continua fintanto che abbiamo l’intenzione, consapevole o inconsapevole, di ripetere l’azione e non intendiamo abbandonarla. Comunque, il secondo anello dell’origine dipendente prende in considerazione l’impulso karmico grossolano e soltanto il primo dei due sottili, quello completante che avviene contemporaneamente alla fine della azione. Non include alcuno strascico karmico del karma che rimane successivamente (e un pò più a lungo) nel nostro continuum mentale. 

Abbiamo parlato di karma e di rinascita. Il karma proiettante determina il tipo di rinascita e il karma proiettante la qualità di quella stessa rinascita. Cerchiamo di chiarire un punto essenziale per eliminare il rischio di misinterpretare ciò di cui è possibile essere coscienti quando si verifica una rinascita, e lo facciamo con un esempio: nella vita precedente eravamo un umano e ora siamo rinati come cane. Nelle “vesti” del cane potremmo credere che sia possibile che la nostra mente (di cane) sia cosciente del fatto che la vita precedenta era nel corpo di un umano e adesso è nel corpo di un cane. No! Queste sono considerazioni totalmente confuse sul funzionamento della rinascita. Non c’è un “io” solido con un’identità solida che si reincarna da una vita all’altra. Non è possibile avere la coscienza di essersi re-incarnati in un altro essere perché ciò presuppone l’esistenza di un “io” eterno che rinasce continuamente conservando la stessa mente e la stessa coscienza in tutte le rinascite.

Ad ogni modo c’è un “io” che rinasce, ma è il falso io. Non è una questione di “chi” rinasce, ma di cosa. Quello che rinasce nel samsara è sempre la stessa falsa idea dell’io solido, che come ha sperimentato l’umano nella vita precedente, allo stesso modo sperimenta il cane in questa Dall “io” convenzionale umano adesso è “io” convenzionale cane, ma sempre con la falsa convinzione di un io solido, concreto, indipendente, di avere il possesso di un suo terrirorio, di avere un suo padrone. E’ sempre lo stesso tipo samsarico. Dobbiamo osservare questa cosa molto in profondità. C’è soltanto una continuità dell’esperienza individuale e soggettiva delle cose. L’astrazione “io” si riferisce a tutto questo. L’io convenzionale esiste (e rinasce), ma noi ogni volta lo rendiamo qualcosa di sostanziale e poi ci incolliamo sopra una solida identità.

Ora abbiamo bisogno di distinguere un’azione dall’emozione che la motiva  (intenzione). Ci sono 4 modalità con le quali compiere un azione collegata alla intenzione: 1 – Azione distruttiva con intenzione negativa: uccidere una zanzara perchè ci da fastidio. 2 – Azione distruttiva con intenzione positiva: uccidere una vespa perhè abbiamo paura che punga nostro figlio che ne è allergico. 3 – Azione positiva con intenzione negativa: preparare un pasto solo per vantarsi di essere dei bravi cuochi. 4 – Azione positiva con intenzione positiva:  preparae un pasto con l’idea di fare felici i nostri figli. Notiamo che ce ne sono due (la prima e la quarta) in cui l’azione e la motivazione sono concordanti e le altre due che hanno azione e motivazione discordanti. 

Perché questo è importante? Perché definisce meglio il concetto di karma proiettante e completante: quando impulso ed azione sono concordanti avremo il karma proiettante che determina il tipo di rinascita: nei regni superiori se la motivazione è buona, nei regni inferiori se la motivazione è nociva (animale vs essere umano). Quando impulso ed azione sono contraddittori avremo il karma completante che determina la qualità della rinascita: all’interno del regno designato dal karma che proietta potremo avere condizioni migliori o peggiori (cane domestico vs. cane randagio). Il karma proiettante è grossolano perchè ha un energia più forte, motivazione e azione si autosostengono, il karma che completa è meno energico, proprio per via della contraddizione tra intenzione e motivazione.

Il terzo anello: la coscienza

La spiegazione di questo anello è divisa in due parti. Abbiamo detto fino ad ora che il karma proiettante detrmina il tipo di rinascita, ma dobbiamo ricordare che fino ad ora abbiamo parlato di “impulsi” del karma proiettante. Il karma proiettante è esclusivamente l’impulso mentale che dà origine e sostiene un’azione fisica, verbale o mentale e dura solamente finché l’azione dura, ma non è l’azione stessa. È lo strascico karmico del karma proiettante, non il karma proiettante stesso, che ci proietta nella nostra prossima rinascita. Lo strascico è il continuum mentale tale che rimane dopo la nostra esperienza soggettiva ed individuale di un fenomeno. Questo continuum mentale è la coscienza causale: la porzione della coscienza al momento della causa. Tecnicamente, lo strascico karmico del karma proiettante “matura” dando luogo ai cinque aggregati della nostra prossima rinascita e alle nostre esperienze in tale stato. 

A partire dalla seconda metà del terzo anello ci sono “gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato”. Essi descrivono lo sviluppo dello stato di rinascita che è stato proiettato dal primo karma (proiettante). È il modo in cui l’intero meccanismo si sviluppa in un feto per perpetuare il samsara. Ora parleremo solo del feto in un utero. E’ in questa fase dell’esistenza che troviamo la l’altra parte della coscienza: la coscienza al momento del risultato, E’ l’esperienza dei fenomeni in una nuova rinascita che è il risultato (effetto ) dello strascico maturato del karma proiettante (causa). Molti risultati karmici matureranno, ma non dobbiamo pensare che qualsiasi cosa che sperimenteremo in una futura rinascita sarà determinata unicamente dallo strascico del nostro karma. Anche molte condizioni esterne contribuiranno, come per esempio lo sperma e l’ovulo dei nostri genitori.

Il principale risultato karmico discusso in relazione al meccanismo dei dodici anelli dell’origine dipendente si riferisce agli aggregati di base della nostra prossima rinascita, che,come abbiamo detto, sono anche enormemente influenzati dalla forma di vita che assumeremo e dalle condizioni che incontreremo. Gli aggregati di base sono cinque. Sono i fattori che compongono ogni momento della nostra esperienza delle cose. Li possiamo riunire in cinque gruppi, ma in realtà non esistono in cassetti separati. Ciascuna delle cinque categorie è composta da molti componenti e questo è il motivo per cui sono chiamati fattori “aggregati.” Uno o più elementi di ognuno di questi cinque gruppi costituiscono l’esperienza che facciamo in ogni momento e tutti loro funzionano insieme come una rete.

  1. L’aggregato delle forme: consiste di vista, suoni, odori, sapori e sensazioni fisiche, insieme ai sensori fisici. Possiamo anche parlare dell’elemento fisico del corpo in generale. 
  2. L’aggregato della coscienza. Questi sono i diversi tipi di coscienza primaria coinvolti nella nostra
    esperienza delle cose. Parliamo di specifici tipi di coscienza per ognuno dei canali sensoriali. Ci sono sei tipi di coscienza: la coscienza della vista, dei suoni, degli odori, dei sapori, delle sensazioni fisiche e dei fenomeni mentali, come i pensieri, i sogni e il sonno. 
  3. L’aggregato distinguente: è il distinguere qualcosa all’interno di un campo sensoriale, con una specifica caratteristica peculiare, in maniera tale che ci possiamo concentrare su di esso e farne l’esperienza. E’ diverso da “riconoscimento”. Riconoscimento significa che vediamo qualcosa di simile a quello che abbiamo già sperimentato in precedenza, poi ci ricordiamo cosa abbiamo sperimentato in precedenza e lo confrontiamo con quello che stiamo sperimentando adesso. Per esempio, possiamo distinguere qualche cosa di nebuloso che si muove laggiù nell’oscurità. C’è un rumore. Non sappiamo cosa sia, ma possiamo distinguerlo.
  4. L’aggregato della sensazione: sensazione significa emozione.Tutto quello di cui si parla in questo aggregato è il provare un certo livello di felicità o infelicità. In ogni momento della nostra esperienza, stiamo sperimentando qualche oggetto, insieme ad una sensazione concomitante che si trova da qualche parte nella scala da completamente felice a completamente infelice. È molto raro trovarsi esattamente nel mezzo o in uno stato neutro; c’è sempre almeno un livello minimo di felicità o infelicità. Anche se sembra come se non stessimo provando nulla, semplicemente non stiamo facendo attenzione a ciò che accade, probabilmente quando ci sembra di non sentire nulla in realtà siamo vicinissimi al 50% della scala e sentiamo pochissimo dell’una o dell’altra (felicità o infelicità).
  5. L’aggregato delle volizioni: i fattori che lo compongono sono molteplici, includono tutto ciò che costituisce ed influenza la nostra esperienza che non sia contenuto negli altri quattro aggregati. È l’aggregato di tutto il resto. Include tutte le emozioni, positive e negative, e gli altri fattori mentali come l’attenzione, l’interesse, la concentrazione, la sonnolenza e la noia.

Riassumendo potremmo dire che abbiamo un fattore aggregato fatto di cose fisiche e quattro aggregati costituiti da cose mentali, ma tutti permettono di d’essere consapevoli delle cose. Se pensiamo che il modo di essere sia solo un fattore mentale siamo in confusione. Anche vedere, distinguere, provare un livello di felicità, essere arrabbiati e così via sono tutti modi d’essere consapevoli di qualcosa. 

Il quarto anello: Nome e forma 

Anche questo anello è caratterizzato da due aspetti, abbaimo le facoltà mentali solo nominabili (perchè senza forma) e facoltà nominabili dotate di una forma. Nella seconda parte dell’anello precedente stavamo parlando dell’esistenza che speriementiamo e di come agiscono gli anelli nella vita intrauterina (fetale). La domanda allora sorge spontanea: quando inizia la rinascita futura, in che fase degli anelli?

Uno sperma e un ovulo s’uniscono. C’è un aggregato della forma: gli elementi del corpo sono palesi e una mente è già presente ma gli altri quattro aggregati di tipo mentali, i modi d’essere consapevoli delle cose, sono presenti soltanto nominalmente: sono facoltà mentali meramente nominabili senza forma. Senza forma è riferito all’aspetto cognitivo degli organi sensoriali che sono presenti fisicamente anche nel feto, ma non hanno ancora una base (fuori dall’utero) sulla quale agire per fare esperienza : sono solo gli aggregati mentali quindi a non avere forma. Specifichiamo: il feto potrebbe fare esperienza delle cose, ma l’aggregato della coscienza non è ancora differenziato in vista, udito, olfatto, gusto, tatto e pensiero, quindi è come se non ci fossero. 

Quindi noi esseri umani abbiamo le facoltà mentali nominabili senza forma dal momento del concepimento fino alla nascita, al momento appena prima della nascita, momento in cui le facoltà cognitive del vedere, udire e così via vengano differenziate. E’ la consapevolezza cognitiva la parola chiave per distinguere “con e senza forma”. Ma allora quando inizia una rinascita futura? Quando inizia il quarto anello? Un approccio fondamentalista a questa questione sarebbe l’affermare che il quarto anello abbia origine al momento del concepimento e dunque è in quel momento che la vita comincia. La vita non significa solamente cellule viventi, perché allora potremmo dire che uno sperma o un uovo siano vivi. Sono esseri senzienti? No. Questo è un punto molto interessante. 

Il quinto anello: la percezione (cognizione)

Questo anello caratterizza il momento che intercorre tra lo sviluppo degli organi sensoriali (nel quarto anello) e la facoltà della distinzione (di cui parleremo nel sesto anello).

Lo schema è il seguente: abbiamo la coscienza dei 6 organi sensoriali che si è sviluppata e ha avuto origine per via del continuum mentale scatenato a sua volta dallo strascico karmico del karma proiettante di una vita precedente. Nella nouva rinascita quando siamo nel grembo materno inizia lo sviluppo di ciascuno di questi organi ed essi cominciano ad acquisire un nome e una forma dando luogo ai cinque aggregati (uno propriamente fisico e 4 di tipo mentale). Questi aggregati, ognuno formato a sua volta da molteplici fattori che lo caratterizzano, iniziano il processo cognitivo che è basato sui sei stimolatori di cognizione. I sei stimolatori di cognizione sono gli oggetti cognitivi più i sensori cognitivi di ognuna delle sei facoltà cognitive. Nel caso delle cinque facoltà sensoriali, gli oggetti e i sensori hanno la forma di fenomeni fisici (come vista e cellule fotosensibili, il gusto e i suoi recettori, ecc.) e nel caso della facoltà mentale, gli oggetti sono un qualsiasi fenomeno validamente conoscibile, mentre i sensori sono i momenti cognitivi immediatamente precedenti, come per esempio riconoscere che siamo tristi perchè poco prima abbiamo percepito un dispiacere.

Nel quiunto anello quindi, ciò che nel quarto erano considerate delle facoltà mentali meramente nominabili arrivano alla differenziazione. Le cellule nel feto si differenziano ognuna a seconda della funzione che assolveranno (ad es. le cellule che formeranno la vista diventano dei coni e bastoncelli nei proto-occhi). Allo stesso modo anche l’aggregato della coscienza si differenzia in coscienza visiva, tattile, uditiva, ecc. A questo punto non sono più delle facoltà meramente nominabili, tuttavia non c’è ancora la distinzione  di forme particolari (distinguere un albero da un cespuglio), esiste solo la consapevolezza dei campi sensoriali in generale (ad es. sono consapevole di vedere una forma disordinata sostenuta da qualcosa di più ordinato e lungo). E questo perchè le altre facoltà mentali (sensazione e volizione) rimangono ancora solamente nominabili. Occorre fare una puntualizzazione: l’aggregato distinguente è sviluppato solo in parte (distingue il tipo di sensore che si è attivato) ma non è ancora in grado di riconoscere la diversità all’interno dello stesso sensore. È molto interessante, se ci pensiamo da un punto di vista dello sviluppo: c’è la consapevolezza della sensazione fisica, ma non c’è differenziazione tra albero e cespuglio, verde e marrone, caldo e freddo e così via. Per usare l’analogia rudimentale di un computer, fino ad ora abbiamo discusso l’ hardware. Ora dobbiamo discutere del software. 

Il sesto anello: il contatto

E’ la consapevolezza del contatto. Il contatto è qualcosa che avviene tra la percezione (quinto anello) e la sensazione (sesto anello). A questo punto l’aggregato distinguente è completamente funzionante, non solo distingue ma adesso è in grado di riconoscere. Non è più facoltà mentali meramente nominabili. È un modo d’essere consapevoli d’un oggetto con cui si entra in contatto perché viene distinto. La consapevolezza contattante distingue questo oggetto come piacevole, spiacevole o neutro. Per esempio, all’interno del campo delle sensazioni fisiche, il feto ora è in grado di distinguere esperienze di caldo o freddo o di saltellare su e giù, con cui entra in contatto cognitivamente. È consapevole della sensazione fisica del saltellare su e giù, per esempio, in quanto sensazione piacevole, spiacevole o neutra. Da che cosa hanno origine queste tre sensazioni? Esse hanno origine dal karma causale, dal mometo che nelle vite precedenti abbiamo fatto esperienza di cose piacevoli, spiacevoli e neutre ora riusciamo ad esserne consapevoli. Nonostante l’aggregato distinguente e il contatto siano in funzione, l’aggregato della sensazione non sta ancora funzionando. È presente, ma ancora in maniera indifferenziata come facoltà mentale nominabile. In altre parole, siamo consapevoli degli oggetti con cui entriamo in contatto come piacevoli, spiacevoli o neutri, ma non ci sentiamo ancora felici, infelici o neutri in risposta a ciò. 

Il settimo anello: la sensazione

E’ il provare un certo livello di felicità. Perché livello di felicità? In pratica abbiamo una scala da 0 a 100 di livelli, in cui lo 0 è infelicità massima, <50 è infelicità, 50 è neutro, >50 è felicità e 100 è felicità massima. Il valore 50 è raro come possibilità, alla fine potremo dire di essere leggermente felici o infelici a seconda del caso, ma dire che siamo neutri è veramente raro. 

Il settimo anello è provare un livello di felicità. A questo punto, anche l’aggregato della sensazione è funzionante. La sensazione è definita come il modo in cui sperimentiamo ciò che è maturato dal nostro karma. Sperimentiamo felicità in accordo con la consapevolezza contattante una sensazione fisica piacevole, oppure infelicità in accordo con la consapevolezza contattante una sensazione spiacevole. Oppure sperimentiamo un livello molto basso dell’una o dell’altra, in accordo con la consapevolezza contattante una sensazione neutra. 

La coscienza, nome e forma (facoltà mentali), la percezione (cognizione), il contatto (consapevolezza contattante) e la sensazione sono gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato. In pratica fino ad adesso abbiamo spiegato come si è arrivati alla formazione di una nuova rinascita sulla base del karma è stato proiettato dalla vita precedente. Da ora in poi cominciamo a creare il karma che è quello che determinerà la rinascita futura. Ora comincia l’avventura della vita così come siamo abituati a vederla, durante la quale compiamo azioni fisiche, di pensiero e di parola creando il karma proiettante.

Per concludere, detto in parole povere la vita di adesso è il karma risultante della vita precedente nella quale creiamo il karma proiettante della rinascita futura perchè tutti i cinque aggregati sono pienamente maturi e in grado di agire. Tutto è al posto giusto per perpetuare la nostra situazione samsarica.

Introduzione agli anelli che proiettano 

I tre anelli seguenti – l’ottavo, il nono e il decimo – sono gli anelli causali che mettono in atto (proiettanti). Essi sono ciò che attiva lo strascico karmico del karma proiettante che avviene sopratutto negli istanti che precedono la morte, in modo tale che i risultati karmici si attuino. Senza la loro presenza e la loro funzione di condizioni, lo strascico karmico non si attiverà e non darà origine ai suoi risultati. 

La sequenza di questi tre anelli avviene in ogni istante nella nostra vita in risposta all’esperienza di sensazioni di felicità o infelicità. Durante la nostra vita rispondiamo con emozioni disturbanti, impulsi ad agire e impulsi in cui effettivamente agiamo. Ma al momento della morte questa sequenza è molto più forte nel suo impatto, perché attiva lo strascico karmico proiettandolo nella rinascita futura determinandone il karma risultante. Ad es. se durante tutta la vita ho agito sotto l’influsso della incosapevolezza e ho campiuto numerose azioni distruttive, verosimilmente anche nel momento della morte sarà molto probabile che compirò l’ultima azione distruttiva che sarà la responsabile di una rinascita inferiore. Ecco perchè lo scopo della nostra attuale vita è liberarsi dalla confusione che determina l’inconsapevolezza.E’ per abituarsi a compiere azioni costruttive in modo tale che anche negli ultimi istanti della vita produrremo un karma proiettante che darà luogo ad un karma risultante positvo in una rinascita nei tre regni superiori.

Ottavo anello: il desiderio

E’ il desiderare di ripetere o non ripetere un esperienza vissuta o che stiamo vivendo. Abbiamo tre tipi di desiderio: il primo è il desiderio di non essere separati da una sensazione piacevole, il secondo è il desiderio di essere separati da una sensazione spiacevole e il terzo è il desiderio di non abbandonare il nostro corpo e i nostri aggregati per continuare a fare esperienze, l’attaccamento alla vita, sia verso qulla attuale che verso quella futura. Esiste anche un modo alternativo di spiegare i tre tipi di desiderio in relazione ai tre tempi: il primo è il desiderio di mantenere tutto ciò che abbiamo nel presente, il secondo è il desiderio di non lasciare tutto ciò che abbiamo ottenuto in passato e il terzo è il desiderio verso gli oggetti del futuro, ovvero desiderare una futura rinascita. 

Nono anello: l’attaccamento

La differenza tra desiderio e attaccamento è la componente bramosa dell’ultimo dei due. Attaccamento è desiderio bramoso. Esistono quattro tipi di attaccamento, uno è un emozione e tre sono atteggiamenti comportamentali.

  1. E’ un emozione disturbante l’attaccamento rivolto verso oggetti sensoriali piacevoli, come lo è l’attaccamento a non sperimentare situazioni spiacevoli.
  2. Attaccamento a visioni erronee. Quando simo in balia della confusione ci sentiamo turbati e a disagio. Questo turbamento ci causa emozioni afflittive. Ci sono sei tipi di visioni erronee, cinque sono emozioni: desiderio, rabbia, orgoglio, ingenuità e dubbio. Il sesto è un atteggiamento disturbante che a sua volta è composto da tre aspetti: 1- rifiuto del principio di causa ed effetto, 2 – rifiuto della natura non permanente dei fenomeni, 3 – considerare i nostri aggregati “puri” che ci porta a desiderare di continuare ad avere il corpo che li possiede, oppure considerare i nostri aggregati “sporchi” e desiderare di non volere più il corpo.
  3. Considerare una condotta ingannevole come se fosse corretta con la convinzione che comportarsi in un modo banale ci purificherà da tutto ciò che è negativo, ci libererà da tutte le nostre preoccupazioni e ci porterà sicuramente ad un destino migliore.
    La condotta ingannevole può essere: 1- morale: consiste nel abbandonare un comportamento banale quando non serve a niente (ad esempio smettere di mangiare cibi grassi quando abbiamo un cancro allo stadio terminale credendo che ci possa allungare la vita); 2 – comportamentale: agire in modo banale o senza senso quando non serve a nulla (ad es. tenere un tasca un amuleto portafortuna o non accettare quello che è palese che ci sta accadendo).
  4. Affermazione della nostra identità: pensare in termini di un “io” solido, ci identifichiamo quest’io solido con i nostri aggregati, in altre parole con qualche componente della nostra esperienza mentre stiamo morendo. Oppure identifichiamo questo “io” apparentemente solido come il possessore, controllore o inquilino dei nostri aggregati che sono solidamente “miei”.

Occorre fare mente locale a ciò che abbiamo detto nella breve introduzione agli anelli che proiettano. Il desiderio e l’attaccamento, con tutte le loro diverse sfumature sono molto più potenti al mometo della morte. Se non familiarizziamo con il concetto della morte c’è il rischio di arrivare impreparati al momento finale e cadere nel panico provando paura. Proprio il panico e la paura sono due emozioni disturbanti che molto più di altre causano l’attivazione del karma proiettante. Per familiarizzare con il concetto della morte occorre conoscerne il processo che viene descritto nel Bardo Thodol (vedi link Libro tibetano dei morti ). Il processo della morte avviene in otto stadi e se noi sappiamo quello che succederà in ognuno di essi non andremo in panico. Dopo avere acquisito la conoscenza del processo occorre meditare sulla morte e le istruzioni sono queste: mentre immaginiamo di stare sperimentando ciascuno stadio, essere consapevoli di quale stadio è appena terminato, quale stadio sta avvenendo in questo momento e quale sarà il prossimo stadio.

Decimo anello: il divenire 

Sinonimo di divenire è “ulteriore esistenza” che è la consapevolezza di un esistenza precedente la morte, esistenza di tutti gli stadi del processo della morte, esistenza nel bardo ed esistenza del concepimento. Il nome tecnico completo per il divenire è un “impulso karmico che pone in atto un’ulteriore esistenza”. È un po’ come un impulso alla sopravvivenza. Le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti del desiderio e dell’attaccamento stimolano questo impulso d’ulteriore esistenza che è una delle condizioni necessarie per una rinascita samsarica. Di per sé il solo karma proiettante, essendo un fenomeno del passato, non è la causa diretta della rinascita. E’ lo strascico karmico attivato di un karma proiettante la causa diretta della maturazione nella nuova rinascita. E’ il divenire che attiva lo strascico. Quindi il decimo anello si conclude con l’attivazione dello strascico. La maturazione di ciò che è attivato negli anelli 8, 9 e 10 avviene nei due anelli seguenti, 11 e 12. E’ così che siamo “gettati nella prossima rinascita”.

Undicesimo anello: la nascita

L’undicesimo anello, il concepimento, equivale al primo momento dell’anello numero quattro, facoltà mentali nominabili con o senza forma grossolana. Come abbiamo visto, questo non significa necessariamente il momento del concepimento come lo intendiamo dal punto di vista biologico, quanto piuttosto il momento in cui l’embrione inizia a fungere da base per l’esperienza. 

Dodicesimo anello: vecchiaia e morte

Il dodicesimo anello, invecchiare e morire, inizia nel secondo istante della nostra rinascita. Dunque, dopo il primo istante della nostra esperienza della vita futura sulla base di un embrione, iniziamo ad invecchiare. Questo è molto interessante secondo il nostro concetto d’invecchiare. Non iniziamo ad invecchiare solamente quando abbiamo sessant’anni; iniziamo ad invecchiare nell’istante successivo al concepimento e quindi sappiamo che prima o poi dovremo morire. 

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Schema del processo della continua rinascita samsarica 

Anelli onnipresentianelli della vita in gremboanelli nella vita attualeanelli nella vita attuale
proiettantirisultanti del proiettatoattivantirisultanti dell’attivato
1 ignoranza
2 fattori karmici
3a Coscienza causale
3b Coscienza risultante
4 Nome e forma
5 Percezione
6 contatto
7 sensazione
8 Desiderio
9 Attaccamento
10 Divenire
11 Nascita
12 Vecchiaia e morte

II dodici anelli non avvengono in sequenza lineare. Perché dovrebbero? Per il nostro desiderio d’aggrapparci ad una simmetria intrinseca? Ci sono quattro insiemi di anelli. Il primo insieme, gli anelli causali che proiettano (1, 2 e 3a), è sempre in funzione perchè è una caratteristica della esistenza samsarica. Stiamo sempre “piantando i semi” del karma proiettante tutto in ogni momento della nostra vita. Il terzo insieme, gli anelli causali che mettono in atto (8, 9 e 10), sono il modo in cui attiviamo lo strascico del karma proiettante e che avviene nei momenti immediatamente precedenti la morte. Il secondo insieme, gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato (3b, 4, 5, 6 e 7), si riferisce alla vita nel grembo materno (dell’embrione nell’utero), vita che è stata proiettata dal karma proiettante attivato (nel terzo insieme). Gli ultimi due anelli, sono gli anelli risultanti di ciò che è attuato (11, 12), si riferiscono alla vita fuor dal grembo. 

Ora che conosciamo tutti gli stadi dell’esistenza e dal momento che l’effetto della nascita è la morte, cerchiamo di vivere coltivando la consapevolezza in modo da essere pronti anche a lasciare andare il vissuto con consapevolezza quando ci capiterà. Cerchiamo di portare questa consapevolezza anche nella futura migliore rinascita. Sevono innumerevoli vite per liberarsi dal Samsara, la nostra vita è breve, sfruttiamola a partire da adesso; non aspettiamo la prossima perchè potremmo non avere la stessa opportunità che abbiamo adesso con questa rinascita umana. 

Porre fine al ciclo del Samsara

Dunque, come interrompiamo il processo? Prima di tutto, cerchiamo di purificarci dalla forza karmica negativa che abbiamo accumulato attraverso la meditazione di Vajrasattva.

La meditazione prevede un primo step che è la contemplazione delle azioni distruttive che abbiamo commesso, che è ciò che ha causato l’accumulo di una certa quantità di karma negativo. Questo include le azioni negative che ci ricordiamo e quelle che non ci ricordiamo di avere compiuto nella attuale rinascita. Inoltre include anche le azioni distruttive che senza dubbio abbiamo commesso nelle vite passate che certamente non possiamo ricordare, ma di cui sperimentiamo il karma. Ad esempio adesso faccio un lavoro molto faticoso e sottopagato perchè nella vita passata ho passato il tempo ad oziare godendo del patrimonio dei miei genitori. 

Il secondo step prevede l’applicazione delle quattro forze opponenti:

  1. Sincero rincrescimento per le azioni negative commesse. Il rammarico è l’ammissione onesta di avere effettivamente comesso azioni di distruttive sotto l’influsso dell’ignoranza. Di pe sè le persone non sono cattive, le loro azioni lo sono. Non personalizziamo troppo le nostre azioni, altrimenti finiremo per provare il senso di colpa. Se ci sentiamo colpevoli per una azione commessa questa ci si appiccica addosso, perchè la sentiamo più “nostra”, sviluppiamo una sorta di attaccamento: è come non buttare mai via la nostra spazzatura. Osservare l’azione contemplandola e provare rincrescimento rende più facile lasciarla andare.
  2. Prendere l’impegno di non compire più l’azione distruttiva. Non si tratta solo di non fare più qualcosa, ma di fare qualcosa per non farlo! Questo implica l’intenzione di non ripetere l’azione. Con questa ferma intenzione, indeboliremo la forza karmica negativa (derivante dal nostro comportamento distruttivo) che è ancora nel nostro continuum mentale ma essendo debole tenderà di meno a farci agire allo stesso modo distruttivo nel prossimo futuro.
  3. Riaffermiamo la direzione positiva verso cui ci stiamo dirigendo che è quella della intenzione di liberarci dalla sofferenza eliminando l’ignoranza.
  4. Facciamo una azione positiva per neutralizzare il karma negativo accumulato. E’ la meditazione di Vajrasattva, che pratichiamo con una visualizzazione in più stadi. In essa, fondamentalmente immaginiamo di espellere tutta la forza karmica negativa dal nostro corpo. Buttiamo via la spazzatura! Mentre facciamo questa visualizzazione recitiamo un mantra (link al Mantra di Vajrasattva). 

Non è soltanto il dire parole magiche senza provare o pensare nulla. Quello che conta è la continua ripetizione del mantra (ventuno volte ogni giorno) accompagnata dalla contemplazione e dalle altre forze opponenti. Il tutto con la giusta concentrazione e la motivazione. 

Ci sono tre cose importanti da sapere a questo punto. La prima è che è importante cercare di ricordarsi ed ammettere il maggior numero possibile di azioni negative specifiche rivolte verso individui, poiché l’effetto sarà più forte rispetto al caso di una formulazione vaga come “qualsiasi negatività rivolta verso qualsiasi essere senziente”. La seconda è che la purificazione non influisce su tutte le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti che possono quindi continuare a creare impulsi karmici negativi. E la terza è che qualsiasi livello di purificazione ottenuto tramite la recitazione di mantra ma non accompagnato dalla cognizione non-concettuale della vacuità (praticamente l’esperienza diretta) è solamente provvisorio. Solo la realizzazione della vacuità ci può liberare per sempre da tutto il karma, lo strascico karmico e le maturazioni karmiche, sia di tipo negativo che di tipo positivo. Entrambi i tipi ci legano alla rinascita che ricorre in maniera incontrollabile: il samsara.

L’antidoto definitivo: la realizzazione della vacuità

Quindi abbiamo compreso che per interrompere il processo delle rinascite, oltre alla purificazione è necessaria l’esperienza diretta della vacuità.

Vacuità significa un’assenza. Attribuiamo un’esistenza solida e sostanziale a noi e agli altri, immaginandoci d’esistere come degli “io” solidi, sostanziali. C’è un’assenza assoluta di un “io” realmente solido. La vera confusione origina dal fatto che noi tendiamo a considerare un ”io” convenzionale che effettivamente esite (perchè l’organizzazione della società ne ha bisogno), scambiandolo col vero “io” che noi crediamo di essere: l’io indipendente, concreto, il controllore, colui che possiede delle cose.  E’ come  vedere un uomo con la barba bianca con un vestito rosso e bianco e concludere che così come a noi appare essere Babbo Natale esso sia veramente Babbo Natale. Quando smettiamo di attribuire questa maniera impossibile di esistere, vediamo semplicemente un uomo che sembra Babbo Natale, ma che è vuoto dell’esistenza del vero Babbo Natale. Vediamo l’illusione causata dalla non consapevolezza della vacuità dei fenomeni. Questa è solo una semplice introduzione alla vacuità. Ovviamente è una cosa molto più complicata, ma almeno iniziamo a focalizzarci in maniera non-concettuale, con una piena e corretta comprensione, sull’assenza di questo modo impossibile di esistere. 

Ci sono diversi livelli progressivi per arrivare alla consapevolezza della vacuità: si chiamano le cinque menti sentiero.

  1. Sentiero dell’accumulazione: sviluppo della mente della Bodhicitta. Bodhicitta è la mente di colui che come motivazione primaria e spontanea si adopera per il bene degli altri aiutandoli a liberarsi dalla sofferenza dell’esistenza samsarica. Per avere una mente di Bodhicitta è necessario attraversare diversi stadi e si arriva ad averla alla fine del quarto sentiero. Nel primo sentiero, utilizzando due tecniche meditative, iniziamo a sviluppare la “perfetta concentrazione della mente calma” (Samatha) e una corretta comprensione della realtà (Vipassana). Chiariamo meglio: Samatha prevede la focalizzazione contemplativa su un oggetto di meditazione fino ad ottenere uno stato mentale di “calma concentrata”.  In genere si consiglia a coloro che si avvicinano per la prima volta alla pratica di prendere il respiro come oggetto da contemplare, per poi passare più avanti alla contemplazione di altri concetti come per esempio la vacuità. Tecnicamente si tratta di dovere portare il più possibile la consapevolezza sull’oggetto per tutta la durata della seduta, tornandoci su ogni volta che la mente si distrae. Vipassana è la capacità di meditare senza usare supporti specifici come il respiro, restando in uno stato di consapevolezza mobile, diffusa e orientata a tutto ciò che emerge (è il motivo per cui si dice che è la corretta comprensione della realtà), senza necessariamente tenerla fissa su un particolare oggetto di sostegno. Quindi Samatha sembra essere considerata come come una pratica propedeutica alla vipassana, da praticare soltanto fino a che non è possibile agevolmente meditare in quello stato di consapevolezza diffusa della realtà senza eccessive distrazioni dei pensieri
  2. Sentiero della preparazione: unione di Samatha e Vipassana focalizzate sulla comprensione non-concettuale della vacuità. Con questo stadio non avremo più nessuno dei peggiori tipi di rinascita perché la forza dello strascico karmico positivo derivante dalla nostra meditazione sulla vacuità è diventata così potente da indebolire la forza dello strascico del nostro karma proiettante negativo.
  3. Sentiero della visione: Fino al secondo sentiero siamo “esseri ordinari”, ottenendo questo terzo veniamo chiamati “arya”, un esseri altamente realizzati. I primi possiedono sia l’inconsapevolezza avente una base dottrinale sia quella che sorge spontanea riguardo al modo in cui le persone esistono, gli Arya sono liberi dall’inconsapevolezza avente una base dottrinale. Tuttavia, un arya sperimenta ancora l’inconsapevolezza che sorge spontanea che è più difficile da sradicare. Poiché come arya ci siamo liberati della inconsapevolezza su base dottrinale che è una delle due metà dell’inconsapevolezza che caratterizza il primo anello completo, siamo liberi da un bel po’ di confusione. Non creiamo più il secondo anello; non c’è più alcun nuovo karma proiettante, neppure quello positivo. Questo perché le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti che sorgono automaticamente sono troppo deboli per rendere persino i nostri impulsi e le nostre azioni positive sufficientemente forti da essere karma proiettante. Dunque, anche se non siamo ancora liberi dal samsara, non c’è più creazione di nuovo karma proiettante e quindi nemmeno il terzo anello. Anche se non creiamo più nuovo karma risentiamo ancora di quello passato e non siamo ancora totalmente dalla inconsapevolezza, dal desiderio e dall’attaccamento che sorgono spontanei.
  4. Sentiero della meditazione: è lo stadio in cui la nostra unione di shamatha e vipashyana, concentrata sulla vacuità in maniera non-concettuale, diventa sufficientemente forte da eliminare la nostra inconsapevolezza che sorge spontanea riguardo a qualsiasi cosa: sia le persone sia tutti i fenomeni. A quel punto, ci liberiamo dalla radice del samsara. Ma abbiamo solamente ottenuto il nirvana “con riserva”. Finché non moriremo e non ci libereremo dal residuo dei nostri corpi samsarici contaminati con cui siamo nati, potremo ancora venire investiti da alcuni residui di inconsapevolezza che influiscono negativamente sulla capacità di focalizzarsi sulle due verità (consapevolezza non concettuale della vacuità e consapevolezza della realtà delle cose) allo stesso tempo. Dunque, non siamo in grado di beneficiare gli altri nel modo più completo possibile. 
  5. Con la quinta mente sentiero, la mente sentiero che non ha più bisogno di formazione, diventiamo dei Buddha, perché saremo per sempre in grado di focalizzarci in maniera non- concettuale non soltanto sulla vacuità, ma anche sulle due verità allo stesso tempo. Questo ci libererà per sempre dalle abitudini costanti dell’inconsapevolezza e dalle abitudini karmiche costanti. In quanto Buddha illuminati, saremo in grado di beneficiare gli altri nel modo più completo possibile. 

Il processo di purificazione avviene gradualmente, e si verifica come risultato della focalizzazione non-concettuale sulla vacuità con la coppia unita di shamatha e vipashyana. Non possiamo avere simultaneamente, in uno stesso momento cognitivo, sia l’inconsapevolezza della realtà che la corretta cognizione non-concettuale della vacuità (queste sono le due verità). Comprendiamo la vacuità oppure no. Liberarci da tutta l’inconsapevolezza e da tutte le abitudini costanti d’inconsapevolezza dipende dalla forza e dalla durata della nostra focalizzazione non-concettuale su quella comprensione. La bodhicitta rende la forza della nostra cognizione estremamente potente. Se siamo in grado di avere questa motivazione, che è la più forte di tutte, la mente più concentrata di tutte e focalizzarla tutto il tempo non-concettualmente sulla vacuità, l’inconsapevolezza non tornerà mai più. 

L’attaccamento al sé

La radice che è alla base delle afflizioni mentali è l’egoismo che è l’attaccamento al sé. L’attaccamento al sé è pericolosamente negativo. Ad esempio pensiamo che se si fanno delle azioni meritorie ma il fine per cui le si fanno è solo per avere un tornaconto personale, un vantaggio per se stessi, anche se le azioni potrebbero produrre un buon Karma, ad ogni modo non sarebbero la via della liberazione dalla sofferenza (in quanto si rimane contaminati dall’attaccamento al sé), non è la via che ci ha mostrato il Buddha. Quanto abbiamo appena visto è alla base della distinzione tra le scuole di buddismo Hinayana e Mahayana: i primi desiderano la liberazione solo per se stessi, mentre i secondi la desiderano per il bene di tutti gli esseri senzienti.
Un detto tibetano afferma che l’attaccamento al se è la porta che conduce alle rinascite inferiori e quindi alla Grande sofferenza.
Se non si fa una analisi di questo atteggiamento egoistico che porta la nostra mente a considerare la propria persona come la più importante tra tutte, quella che viene per prima, quella che bisogna soddisfare anche a discapito degli altri, e non riusciamo a comprendere che è proprio questo attaccamento al sé il vero nemico da sradicare, allora non ci sarà per noi la possibilità di trovare beneficio attraverso nessuna delle pratiche di realizzazione.
A questo proposito si narra la storia di una donna alla quale morirono tre figli, che per questo motivo impazzì ma che poi guarì. Una volta guarita essa partorì altri 30 figli capaci di doti eccezionali e che furono notate dal sovrano del paese in cui abitava la donna, il quale li prese in simpatia. Questo creò gelosia nel primo ministro che aveva un figlio solo; egli notava che il re aveva più in grazia questi 30 ragazzi che il suo figlio. Decise allora di escogitare un metodo per ucciderli e inventò che questi volevano usurpare il trono del sovrano, che volevano addirittura ucciderlo, facendo arrivare la falsa voce al re. Questi per tutta risposta uccise i 30 ragazzi e fece arrivare i corpi alla madre. La donna non ebbe la reazione che aveva avuto tempo prima e non se la prese a male. I suoi parenti gli chiesero come mai se prima erano morti solo tre figli ed era impazzita adesso invece non dimostrava nessun segno di rabbia. La donna rispose che prima non conosceva la vera natura dei fenomeni, la legge di causa effetto e della rinascita, ma siccome adesso la conosce non prova dolore.
La causa che fa operare il ministro é l’attaccamento al sé e al figlio, nello specifico del destino del proprio figlio. Egli ha creato un enorme karma negativo per la uccisione dei trenta ragazzi. Anche il re che non aveva preso in considerazione altri motivi per quello che gli era stato riferito, egli si era preoccupato solo della sua morte (ancora attaccamento al sé) e pertanto ha deciso di non correre rischi eliminando i ragazzi e creando per sé Karma negativo. Abbiamo visto un esempio che ci fa capire come l’attaccamento al sé sia un potente nemico che porta gli esseri alle rinascite inferiori e a provare immane sofferenza.
La cosa da fare per sradicare l’attaccamento al sé è comprendere la vera realtà dei fenomeni; è questa comprensione che permette di fare maturare le nostre virtù. È importante dare valore a tutti gli altri esseri è questo atteggiamento altruistico che ci permette di sviluppare le nostre virtù. Viene riportato l’esempio del Buddha che in una delle sue vite precedenti, essendo rinato nel regno degli inferi si trovava a dovere portare un peso enorme sulle spalle. Accanto a sé c’era un altro essere col corpo minuto che faceva fatica a portare il suo peso e il Buddha desiderò liberarlo da questo facendosene carico lui stesso che era il più forte dei due. Ecco l’altruismo del Buddha. Grazie a questa azione rivolta verso un essere che condivideva le sue stesse sofferenze il Buddha si liberò dall’esistenza negli inferi guadagnando una rinascita in un livello migliore.
È molto importante avere una mente con atteggiamento altruistico ed evitare azioni malevole verso,le altre persone. Mente altruistica significa avere cari gli altri esseri senzienti allo stesso modo di una madre che prova compassione per un figlio malato, che desidererebbe provare lei stessa quella sofferenza pur di toglierla al figlio. L’atteggiamento è pensare che fare del male agli altri è una azione estremamente negativa. Quando un essere realizzato vede un altro essere che soffre ne prova la stessa sofferenza, prova compassione per lui, desidera che l’altro non debba più soffrire sviluppando l’atteggiamento altruistico. Proprio come abbiamo visto prima il Buddha comportarsi negli inferi.
Per aiutare lo sviluppo della mente altruistica proviamo a considerare ogni essere senziente come un Essere realizzato. Se si compie una azione negativa verso uno qualsiasi degli esseri senzienti è come rivolgerla verso il Buddha stesso, così come fare una azione meritoria verso chicchessia è come farla al Buddha stesso.
Per eliminare l’attaccamento al sé e a sviluppare una atteggiamento altruistico è di sicuro beneficio la pratica della meditazione del dare e dell’avere. La base di questa meditazione è appunto un atteggiamento altruistico nei confronti di tutti gli esseri, dobbiamo pensare che la cosa che ci è più cara al mondo è il bene di tutti gli altri esseri senzienti. Durante l’inspirazione immaginiamo un fumo nero, che rappresenta il dolore di tutti gli esseri senzienti, entrare dentro di noi e che tutto questo dolore preso vada ad intaccare il nostro attaccamento al sé, a sradicare le radici delle nostre sofferenze. Durante l’espirazione immaginiamo che tutte le azioni meritorie che abbiamo compiuto in questa vita e anche in quelle passate diventino come una luce bianca che raggiunge tutti gli esseri senzienti affinché essi possano godere i frutti di queste azioni meritorie.
La meditazione del dare e dell’avere consiste quindi di nell’immaginare questo scambio prendendo il dolore di tutti gli esseri e dando a loro stessi le nostre azioni meritorie.

Attaccamento

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L’attaccamento è la dipendenza emotiva che diamo alle cose e alle persone. In altre parole è una elaborazione della nostra mente che cerca una maniera di sopravvivere agli eventi ed è intessuta alle cose alle quali diamo importanza ed alle persone che ci sono care.