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Ajahn Sucitto – Le perfezioni – La pazienza (cap. 6)

Ho già accennato alle tre fasi di sviluppo delle pāramī (perfezioni): la fase iniziale, quando costruiamo la barca della retta intenzione; la fase del raccoglimento per affrontare il flutto, quando siamo sbattuti contro le rapide della negatività, del pensiero seducente, degli impulsi selvaggi e del dubbio; e poi la fase finale in cui la nostra barca, più grande, più profonda e privata della zavorra, giunge a destinazione. Questo processo diviene molto chiaro con la successiva perfezione, la pazienza (ma anche tolleranza, accettazione); essa si muove per davvero in mezzo alle rapide. Il Buddha dichiarò che la pazienza è la suprema pratica di purificazione e si riferiva al contenimento, la capacità del mantenere il cuore quieto in presenza della sofferenza fino al lasciare andare la causa stessa di quella sofferenza. Infatti la mente/cuore (citta) genera di solito sofferenza reagendo a ciò che la vita ci tira addosso, trattenendolo o coinvolgendosi. Tutte le perfezioni contribuiscono alla diminuzione o allo smantellamento di questo dukkha (insoddisfazione), ma la qualità specifica della pazienza consiste nel sostenere il cuore attraverso le turbolenze dell’esistenza, in modo che smetta di dibattersi e di affondare.

Il Buddha sconfisse le forze dell’illusione, della rabbia, della paura, dell’avversione e dell’avidità con la pratica della pazienza, anziché incolpare qualcuno, ignorare quelle forze o fuggire via da esse. In un’epoca in cui si è incoraggiati non ad aspettare ma ad andare più veloci, non ad accettare ma a essere più esigenti, questa perfezione della pazienza può essere quella da utilizzare con maggior frequenza per attraversare i flutti.

Accettazione senza aspettative

La pazienza ha a che fare con il controllo delle reazioni emozionali, ha quella conoscenza che riconosce che un problema o un dolore non è qualcosa da cui fuggire, per cui agitarsi o sentire autocommiserazione. La sua saggezza sa che dobbiamo dare la priorità ai passi con cui possiamo dissolvere la sofferenza. È vero che potrebbero esserci molte alternative per risolvere un problema, ma la prima cosa da fare è non reagire, non permettere una proliferazione mentale. Il nostro primo sforzo è tracciare una linea intorno alla sofferenza, fare un passo indietro e riconoscere che “Questo è quanto”. Poi c’è lo sforzo di ricordare che possiamo essere liberi dalla sofferenza: possiamo lasciare andare, non dobbiamo accogliere la sofferenza e considerarla come definitiva, reale e solida. Dopo il ricordo iniziale, c’è l’incoraggiamento a investigare, e infine potremo estrarre la freccia avvelenata dal nostro cuore. Tutto questo richiede pazienza.

La pazienza non è una rassegnazione inebetita nei confronti delle difficoltà della vita; essere pazienti non vuole dire che non bisogna dare importanza alle cose o che non si deve provare a migliorare il proprio comportamento. Né significa sopportare qualcosa finché finisce. La pratica della pazienza consiste nel sopportare il dukkha senza nutrire l’aspettativa che sparisca; significa rinunciare a qualsiasi tipo di termine massimo, di conseguenza la mente è serena ed equanime. La pazienza pura è il tipo di accettazione che riconosce la presenza di qualcosa senza aggiungere o nascondere nulla. È sostenuta dall’insight che, quando la mente smette di agitarsi, piagnucolare e incolpare, allora la sofferenza può essere compresa. È questa sofferenza che fomenta l’odio, l’avidità e la disperazione, ma la reattività non è la verità della mente, bensì un riflesso condizionato, e non è il sé. Per questo motivo, la sofferenza può essere smontata e, quando lo è, la mente è libera.

Tutti i riflessi condizionati devono essere intesi come inaffidabili e dipendenti da cause e condizioni. Non devono essere considerati come reali e solidi. Eppure ne abbiamo esperienza! Sebbene possiamo com- prendere intellettualmente che mantenere la presa, aspettarci che le cose siano soddisfacenti o sentirci ingannati siano reazioni immature, al fine di smontare questi atteggiamenti dobbiamo prima esercitare la nostra pazienza su di essi. Essere pazienti con la sofferenza non è una punizione ma un viaggio di crescita.

Il mondo e i suoi venti

La sofferenza che può essere abbandonata, sorge da cause e condizioni: da atteggiamenti e presupposizioni secondo cui le cose dovrebbero andare a modo nostro, la vita dovrebbe essere comoda, i corpi non dovrebbero sperimentare dolore e la società dovrebbe essere equa e pacifica. Ci aspettiamo che i fenomeni condizionati siano soddisfacenti, definitivi, razionali, produttivi e così via. Ma, se li prendiamo nell’insieme per un periodo di tempo, vediamo che essi non lo sono. Perciò, se ci aspettiamo che lo siano, causiamo sofferenza a noi stessi e agli altri. Anche se gli esseri umani migliorano le condizioni e le circostanze ambientali, la sofferenza non diminuisce: oggi l’ansia e la depressione sono i principali disturbi del mondo sviluppato. E’ assai diffuso il disagio di essere spinti a inseguire obiettivi materiali che non sono mai completamente realizzati o soddisfacenti, oltre all’ansia della pressione competitiva e alla solitudine. Sono questi i “venti mondani”: le folate della lode e del biasimo, del guadagno e della perdita, della fama e dell’ignominia, della felicità e dell’infelicità. Queste impressioni innescano pretese, ansietà e scoramenti per cui non ci sentiamo mai abbastanza bene nei luoghi in cui siamo e nelle condizioni in cui ci troviamo. E, come fossero raffiche di vento, possono soffiare attraverso il cuore con la forza di una burrasca, facendoci perdere completamente l’equilibrio.

Prendiamo ad esempio la fama in contrasto con l’essere ignorati. Quando siamo famosi e al centro dell’attenzione, ci sentiamo magicamente importanti. Poi c’è il contrario, l’essere ignorati: “Chi sei? Vuoi qual- cosa?”. Siamo solo un numero nella folla, e pensiamo: “A nessuno importa nulla di me; io non conto niente”. La gente lotta per diventare famosa, il Libro del Guinness dei primati ne è pieno. All’altro estremo, se non otteniamo nessuna attenzione; quando siamo ignorati, le nostre vite diventano infelici.

Esaminiamo un’altra coppia di venti mondani: la lode e del biasimo. Nel primo caso ci sentiremo orgogliosi o anche gelosi quando qualcun altro viene lodato mentre noi siamo in piedi vicino alla porta, notati a stento. Quanto al biasimo, come ci dimeniamo e contorciamo per cercare di evitarlo! Aspiriamo a essere apprezzati e ci diamo da fare per esserlo, eppure c’è sempre qualcuno a cui non piacciamo. O forse incolpiamo noi stessi. Così cerchiamo di fare ciò che è equo e giusto, ma qualcuno ci fraintende o si offende e veniamo criticati. Badiamo a essere educati: “Devo ricordarmi che lei è un po’ suscettibile a questo riguardo. Non devo dimenticarmelo, nel caso venissi biasimato. Voglio essere sicuro di capire il punto di vista di ciascuno e che tutti siano d’accordo su questo”. Comportarci in questo modo può renderci così nervosi da farci sbagliare… e poi il biasimo ci colpisce: “Sei un porco insensibile e senza cuore. Come hai potuto dirlo?”. A quel punto ci contorciamo sulla punta della freccia della sofferenza.

Il Buddha formulò una sintesi molto utile del biasimo: “Sono biasimati coloro che rimangono in silenzio, / sono biasimati coloro che parlano molto, / sono biasimati coloro che parlano con moderazione. / In questo mondo non c’è nessuno che non sia biasimato //” (Dhammapada, 227). Questo valeva anche per lui, poiché il Buddha fu biasimato molte volte. Perciò, se sappiamo che è inevitabile, possiamo focalizzarci solo sul fare del nostro meglio, mantenendo sempre il nostro orecchio di saggezza drizzato per captare l’anelito della mente in cerca di approvazione e il suo timore di disapprovazione.

Una volta che la mente comincia ad anticipare il momento in cui sarà incolpata, è pervasa da una folata di vento. E quando il biasimo inizia… la nostra mente può cercare una spiegazione razionale per qualsiasi cosa ci venga rimproverata. O forse proviamo a scusarci. Oppure ribattiamo: “Non sei migliore di me”. Ci dimeniamo, piuttosto che sentire semplicemente dove penetra il biasimo e poi tracciare una linea intorno a quell’area realizzando che: “Questa è una sensazione mentale dolorosa”. È un innesco, per cui dobbiamo essere estremamente pazienti con quella sensazione. La pazienza deve essere appresa sentendo la sensazione dolorosa e smettendo di reagire. È una lezione di umiltà: sentire il dolore, avere pazienza e imparare qualcosa sul lasciarlo passare.

Imparare la vera risposta

Per un risultato che fornisca un nutrimento duraturo, dobbiamo sviluppare una risposta all’insoddisfazione, dukkha. Il Buddha esortava a comprendere l’insoddisfazione. La qualità insoddisfacente secondo cui le cose vanno male, deve essere compresa per realizzarne la cessazione. E allo scopo di capire, dobbiamo guardare dove le cose sono sentite. Ad esempio cosa succede con un dolore fisico? Vediamo come dapprima ci dimeniamo un po’ per trovare il modo di ammorbidirlo; poi cominciamo a sentirci un po’ infastiditi, dopo di che ci sentiamo molto irritati. Un altro esempio si ha quando ci rivolgono delle offese: “Non è giusto che mi succeda; non va bene che continui così a lungo”. Davanti a queste situazioni dobbiamo pensare: “Oh, lascia andare!”. Ma non se n’è ancora andato. Aspettavamo che finisse, così lo abbiamo lasciato andare solo al novanta per cento. Alla fine, ci spinge in un angolo, e l’unica cosa che dobbiamo fare è accettare la sua presenza e rifletterci sopra. La risposta più saggia al fastidio è renderlo un oggetto di meditazione. Nel permettere pienamente alle condizioni di essere ciò che sono, rendiamo stabili i nostri cuori e troviamo la pace. “Le condizioni sono così”, ma attenzione! Le condizioni non sono le nostre! E’come avere la necessità di mettere una barca in mezzo al mare agitato per andare a pesca, non possiamo drenare il mare, ma non è neppure necessario annegare.

Le percezioni, gli stati d’animo e le reazioni sorgono in dipendenza dalle aspettative, le quali sono in correlazione alle condizioni che le hanno causate. Dobbiamo imparare che l’approvazione degli altri, il successo nella nostra carriera non devono essere dati per scontati, non ce ne dobbiamo impadronire come se fossero “nostri”. Questo impadronirsi delle condizioni è ciò che apre crepe nella nostra barca e ci fa annegare. Ma se le condizioni possono essere mantenute nella verità della loro natura, la mente lascia andare e percepisce una libertà che non dipende dai sostegni. Il guadagno, la perdita, la lode, il biasimo: non è necessario inabissarci. Possiamo logorare il riflesso di aggrapparci al mondo. Ma per questo dobbiamo essere molto pazienti.

Costruire la pazienza intorno a un punto

Al centro della nostra sofferenza c’è la questione cruciale che non vogliamo dolore emozionale. La nostra resistenza può precipitarci in un attacco di dubbio, mancanza di fiducia e sensazione di essere inutili. In questa perdita di equilibrio, la mente si dibatte e crea o un sé che è la vittima o un sé da incolpare. Dobbiamo imparare a vedere che ciò che è veramente lì (a causare sofferenza) è il contorcersi al fine di deviare il dolore dai nostri cuori. Diamo la colpa agli altri o incolpiamo noi stessi, il mondo, il fato, o concetti del genere, insomma cerchiamo capri espiatori che si carichino del dolore. Tutto ciò è la mente che resiste alla sensazione dolorosa o si contorce cercando di schivarla. E, in questo processo, la mente perde la forza e la chiarezza che le permetterebbero di reggere la sensazione o persino di lasciarla andare.

Se invece prestiamo attenzione con gentilezza ma in modo saldo alla fonte remota della nostra sofferenza, troviamo un luogo in cui possiamo lavorare e riunire le nostre abilità attorno a questo dolore, piuttosto che cercare di trovare un modo per aggirarlo. Se andiamo direttamente alla sensazione stessa, possiamo sentire che essa non ha un’intenzione; non mira a farci del male, sta solo comportandosi come una sensazione. La sensazione sente; non è il sé, non ha un obiettivo né un soggetto agente, e non appartiene a qualcuno. Perché non lasciarla andare per la sua strada e mantenere il cuore libero dal suo viluppo? Se operiamo in questo modo, la mente può mantenersi serena anche quando la sensazione fisica rimane. In questo modo, usiamo ciò che è doloroso, imbarazzante o tedioso come strumento per purificare e rafforzare la mente.

Le dieci pāramī si accordano e si sostengono a vicenda in questo punto. Per esempio, per essere pazienti si deve applicare l’energia – non è una risposta passiva. La mente deve essere chiara e sveglia; la pazienza richiede una disponibilità totale e coraggiosa del cuore a sperimentare la mente e i suoi riflessi. Nello stesso tempo, se siamo pazienti, conserviamo e consolidiamo l’energia senza sperperarla con inutili reazioni e turbamenti.

La determinazione o impegno (adhiṭṭhāna) è un’altra perfezione di vitale importanza che si collega alla pazienza; essa rafforza la struttura di sostegno. Abbiamo bisogno di essere sostenuti impegnandoci in qualcosa, sia nelle nostre attività sia nelle responsabilità verso le persone con cui viviamo. Ma, come avremo notato, quando ci dedichiamo a qualcosa, prima o poi sorge il desiderio di cambiare direzione e svincolarci da quell’impegno. Se tuttavia ci impegniamo veramente, resistiamo alle maree della sensazione per approdare a una sorgente più profonda di saggezza.

Quando coltiviamo la pazienza all’interno dei flutti, questo ci incoraggia a vedere che le energie non salutari tendenti all’attaccamento, i desideri che la mente adotta, possono essere sopportate e poi abbandonate. E poiché possono essere lasciate andare, sappiamo che esse non sono innate nella mente né le appartengono. Ma questa realizzazione dipende dalla paziente forza d’animo che riporta sempre la mente alla stabilità, in modo che non vacilli o adotti il desiderio o l’avversione, la paura o la disperazione come verità assolute. Dobbiamo imparare a sviluppare la pazienza con i nostri attaccamenti e passioni, e con i nostri punti di vista e opinioni su di essi.

Liberare la mente con la pazienza

Tutte le perfezioni si fondono nella suprema saggezza, la salda e profonda comprensione della sofferenza. Ma è la pazienza che, se coltivata a fondo e con insight, penetra la nostra volontà di agire o intenzione (cetanā). L’intenzione è l’attivazione mentale che cerca, oscilla e stringe. È anche la fonte del kamma, perché questo si basa sull’intenzione dietro il pensiero, sulle reazioni, sulle strategie abituali della mente e sul saltellare in ogni dove. L’intenzione orienta in un modo particolare l’attenzione e l’interesse, così che vengano in mente le preoccupazioni e gli obiettivi corrispondenti, e talvolta seguano pure le parole o le azioni corporee. Questo è ciò di cui è fatto il nostro “mondo”. Per esempio, siamo molto coinvolti in un affare o in una relazione. Le nostre preoccupazioni potrebbero essere espresse così: “Sembra che le cose vadano male”. Oppure: “Le cose stanno andando bene. Abbiamo trascorso una buona annata – ma la prossima?”. La sfera delle nostre preoccupazioni è il nostro mondo, all’interno del quale vi è guadagno e perdita. E tutto questo dipende dall’attività della mente.

Una mente le cui intenzioni sono colpite dai flutti diventa turbolenta. E crea un sé che resta bloccato. La nostra misura è determinata dal mondo che la nostra mente ha costruito. Sia nel mondo raffinato della meditazione che nel mondo degli affari, i flutti fluiscono e i venti mondani soffiano. Tuttavia, c’è un luogo in cui i flutti cessano e il vento non soffia. È la fine dell’intenzione. Quando il processo che cerca, oscilla e stringe si ferma, si ferma anche il mondo, o piuttosto non viene creato. La trascendenza, o l’an- dare oltre, alla fine significa che il movimento della mente, la quale cerca di schivare, dimenticare, sconfiggere, arrestare, deviare, calmare o placare, si ferma. In questa sosta evaporano le stesse condizioni che sembravano ergersi dinanzi a noi. E, grazie a questa conoscenza, non abbiamo più paura delle condizioni; non le desideriamo né ci intimidiscono più.

La pazienza costituisce una parte importante di questo processo. Con la pazienza, impariamo che, invece di cercare di svincolarci dalla sofferenza, possiamo restare fermi per liberare la mente dalla sua ostinazione e possessività. Allora, quando le perfezioni hanno svolto la loro funzione e il flutto del mondo è indietreggiato, l’intenzione – anche l’intenzione positiva delle pāramī – può rilassarsi. C’è la vera pace della mente.

E possiamo anche provare rispetto per gli ingrati e quelli che ci esasperano. Ci aiutano a indebolire la dipendenza per i punti di vista personali e ci aiutano a non essere più affascinati o irritati dalle personalità degli altri e da tutto quello che non è un vero sé. Allora diciamo “grazie” a situazioni inutili e a persone che ci irritano. Questa è la perfezione della pazienza: può rendere la nostra vita un veicolo di benedizione.

Suggerimenti sulla pazienza

La pazienza può dapprima apparirci come la qualità del digrignare i denti – “tieni duro fino a quando non finisce”. Ma questa non è la pazienza perfetta, perché, in tal caso, la mente desidera ancora la fine dell’esperienza e l’avversione non è stata abbandonata. La pazienza perfetta ha la forza delicata e profonda di avere “tutto il tempo del mondo” per rimanere in un’esperienza. Rilassa il limite del tempo. Il potere di trasformazione della pazienza è tale che, quando la mente allenta la sua chiusura e irrita- zione, il fastidioso indugio diventa un’occasione per la spaziosità, e il comportamento irritante dell’altro è qualcosa che possiamo incontrare, con empatia, come un suo sfortunato problema. Naturalmente la pazienza include anche la saggezza di sapere cosa si deve sopportare e quando è opportuno agire in modo chiaro e responsabile. La pazienza non ha lo scopo di trasformarci in uno stuoino, ma agisce come uno scudo che ci ripara dagli impulsi immediati che non ci procureranno benessere. E poiché il nostro condizionamento ci spinge spesso ad agire il più rapidamente possibile, è sa- lutare controllare questo atteggiamento con la saggezza.

Riflessione

Quando siete in coda all’ufficio postale, sentite cosa succede nel vostro corpo. Fate lo stesso quando siete di fretta e non avete un momento da perdere. Guardate cinque secondi passare su un orologio, notando i diversi stati di energia nervosa e come “sentite” il tempo. La sensazione del tempo è una misura di ciò che succede nel sistema nervoso – ecco perché, quando il sistema accelera, non c’è mai abbastanza tempo ed è facile che venga in mente una lista di più cose da fare. Riflettete: “Questo lavoro non può mai essere finito in tempo!”. Cosa ci vorrebbe per essere semplicemente in equilibrio e attenti al presente per dieci o venti secondi? Risposta personale: “forse la pazienza?”

Azione

Qualunque cosa stiate facendo, fatelo con grande cura e attenzione. Qualsiasi sensazione sentiate, ospitatela con generosità. Ritornate al corpo, estendendo in basso la vostra consapevolezza lungo le gambe fino alla pianta dei piedi. Per sostenere questa presenza nel corpo, provate a tenere le mani impegnate, per esempio afferrando dolcemente il volante dell’auto se state guidando o congiungendole delicatamente se state facendo altro. Dirigete la vostra consapevolezza sull’impressione tattile del tocco leggero e sensibile.

Meditazione

La pazienza è essenziale per la meditazione, sia come qualità che modera l’impazienza di ottenere risultati, sia come rimedio specifico allo squilibrio di energia. Riguardo al primo problema, l’atteggiamento corretto è quello di cominciare ogni periodo di meditazione come se fosse il primo in assoluto, e continuare a portare l’energia e le altre risorse nel momento presente. I risultati verranno da quella base. Riflettete sugli obiettivi in un altro momento; la prima valutazione da fare è se si è in grado di portare quell’atteggiamento di “un attimo per volta” nella pratica.

Si ha uno squilibrio di energia quando ce n’è troppa o troppo poca. Questi stati diventeranno le basi dell’irrequietezza e dell’agitazione oppure della pigrizia, del torpore o dell’apatia. Entrambi gli squilibri sono sgradevoli, per cui bisogna avere pazienza al fine di sopportarli.

E’ bene rafforzare la concentrazione sul corpo, dapprima sulla sensazione generale della postura e poi sul respiro. Controllate che la postura sia eretta e vigile, poi siate presenti ai muscoli e alle articolazioni della parte superiore del corpo sia per ammorbidire l’attenzione che per destarla. Quindi stabilizzate la respirazione e allungate le pause tra l’espirazione e l’inspirazione. Ciò può anche sembrare spiacevole all’inizio, ma fa parte della seconda fase della pāramī. Sopportate la riluttanza dell’ottusità o il contorci- mento dell’irrequietezza, e mantenete un respiro lento e completo. Continuate a lasciar andare ogni contenuto della mente – per esempio, ‘Quante cose devo fare’ – e sentite l’energia che si dimena, senza cercare di cambiarla, e senza avversione. Certo, potete avere molte cose da fare, ma la pazienza vi aiuterà a farle meglio. A volte siete stanchi e a volte troppo stimolati. Lavorate sull’incontrare l’energia del corpo e respirare attraverso di essa per suscitare il non coinvolgimento e l’equilibrio. Quando si è stabilita una chiara consapevolezza, allora è tempo di fare ciò che ritenete opportuno.

16 guidelines – 16 linee guida per la pace e felicità

Le 16 linee guida sono un’iniziativa della The Foundation for Developing Compassion and Wisdom, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro.

FDCW mira ad aiutare le persone di tutto il mondo a sviluppare la loro innata capacità di compassione e saggezza per vivere una vita felice, pacifica e benefica. Per raggiungere lo scopo propone 16 modelli di personaggi noti che si sono distinti nella storia dell’umanità, associando ciascuno di essi ad una qualità ritenuta un fondamento per lo sviluppo della pace e felicità del genere umano e che ciascuno di noi dovrebbe imparare a coltivare. Le 16 qualità sono raggruppate in quattro grandi gruppi: come pensare, come agire, come relazionarsi con gli altri e come trovare il significato della vita.

La traduzione è stata curata da me personalmente, quindi chiedo scusa per eventuali errori sia di interpretazione che grammaticali.

Buona lettura, Davide

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COME PENSARE

1.Umiltà: essere disposti ed abili a imparare dagli altri

L’umiltà è l’attitudine a vedere se stessi come una piccola parte dell’universo, abitato da persone ed esseri da cui possiamo imparare qualcosa. Una persona umile è in grado di vedere le cose al di fuori del punto di vista personale (visione egocentrica). Comprende che tutti siamo dipendenti da altre persone, e che ognuno può giocare un ruolo determinante nella vita degli altri. L’umiltà cambia la prospettiva dal “me” ad “altri” ed è meraviglioso che sia così.

I benefici dell’umiltà:

  • aiuta ad imparare e crescere al di là del proprio punto di vista e interesse
  • ci risveglia completamente alla interdipendenza con le altre persone, animali e ambiente
  • ci libera dall’avere un atteggiamento chiuso ed insensibile agli altri, il che ci taglia fuori dal resto dell’universo.

Frasi celebri:

  • non ho mai incontrato un uomo talmente ignorante da non avere nulla da imparare da esso
  • nessuno è più sordo di chi non vuole ascoltare
  • quando parli ripeti solo quello che sai già, quando ascolti puoi imparare qualcosa di nuovo

2.pazienza: coltivare la calma e creare spazio nella mente

La pazienza ci da la flessibilità e la forza di non essere vittima delle circostanze. E’ come avere una armatura protettiva. Non ci rende passivi o rassegnati, non ci porta via l’abilità di rispondere in maniera appropriata alle difficoltà da affrontare. Al contrario ci rende molto più abili a rispondere alle circostanze, perché una mente calma pensa in maniera più chiara.

I benefici della pazienza:

  • rafforza la abilità di controllare le nostre reazioni, accettare le differenze e non perdere la calma della nostra mente
  • ci rende abili a dare una risposta calma ed appropriata ai bisogni della situazione
  • ci protegge dallo sviluppare stati mentali malevoli quando siamo frustrati, arrabbiati o proviamo dolore

Frasi celebri:

  • per ogni minuto in cui sei arrabbiato perdi sessanta secondi di felicità
  • un nemico esterno esiste solo c’è la una rabbia interna

3.essere appagati: l’arte di essere soddisfatti per quello che siete e quello che avete

L’appagamento è uno stato mentale che non ha niente a che vedere con i soldi, oggetti o altre persone. Nemmeno ha a che fare con quanto tu possieda o con quanto poco possieda. Invece ha a che vedere con la ricerca di stabilità e quiete mentale che è in grado di rallegrarsi in qualsiasi situazione ci si trovi, ed essere in pace anche con quello (chi) che siete.  Fino a che non accettiamo di vivere momento per momento ed accettare le cose così come sono, non saremo in grado di vivere al meglio o sentirci veramente vivi. L’appagamento ci rende liberi dal desiderio che ci guida ciecamente verso l’oggetto del desiderio e ci rende incapaci di vedere i bisogni o eventualmente anche dei doni che ci fanno gli altri. Ci permette di direzionare la nostra energia in una maniera più coscienziosa. Potremo scoprire come utilizzare l’appagamento al posto della affannata rincorsa ai desideri o alle preoccupazioni della nostra esistenza contemporanea.

I benefici dell’appagamento:

  • Sviluppare l’abilità di rallegrarsi con quello che si ha al posto di essere ripetutamente e senza sosta guidati dai desideri mondani
  • Ci aiuta a trovare la pace e felicità nella nostra vita quotidiana e nelle nostre relazioni
  • Rallenta il vivere frenetico, consumando risorse e distruggendo l’ambiente

Frasi celebri:

  • non lasciare che le cose che desideri ti facciano dimenticare le cose che hai
  • alcune persone sono così povere che tutto quello che hanno sono i soldi

4.Il diletto: gioire e rigioire per le fortune degli altri

Il diletto è il delizioso stato d’animo che si prova quando accade qualcosa di bello; scompaiono le preoccupazioni, le frustrazioni e le ansie. Il diletto può cambiare la nostra mente e le nostre vite; è un tonificante per l’anima, che da sollievo ai dolori e tiene lontano l’ombra della depressione, ci porta più vicino alle persone che amiamo e facilita l’avvicinamento alle persone che ci sono più distanti. La pratica del rigioire  spesso viene sottostimata, non si capisce come mai quando ascoltiamo brutte notizie siamo sempre più partecipi all’ascolto e ad entrare in empatia con i sentimenti di sofferenza e invece quando ascoltiamo qualcosa di bello non ci facciamo nemmeno caso – a mio modesto parere nel primo caso siamo contenti che quella cosa brutta sia successa ad altri e non a noi, e nel secondo caso proviamo un senso di invidia verso coloro che provano felicità facendo finta che non ce ne importi niente. Com’è strano l’essere umano!– Noi possiamo scegliere il cibo con cui nutrire il nostro cuore e la nostra mente; se impariamo a entrare in sintonia con gli avvenimenti portatori di felicità, potremo velocemente portare molta ma molta più felicità nelle nostre vite.

I benefici del diletto:

  • eleva il nostro spirito e porta gioia in quasi ogni situazione
  • riduce al minimo la tendenza ad essere invidiosi o gelosi e a provare le sensazioni negative che questi due stati negativi si portano dietro.
  • Diminuiscono la visione egocentrica attraverso lo spostamento dell’attenzione che tendiamo ad avere solo verso noi stessi verso una maggiore attenzione agli altri

Frasi celebri:

  • celebra il successo degli altri così come vorresti che gli altri celebrassero i tuoi. Quello che dai ritorna indietro.
  • Se fossi felice solo quando qualcosa di bello accade a me avrei poche possibilità di esserlo. Se sono felice per le cose che accadono agli altri 7 miliardi di persone su questa terra avrei miliardi di possibilità per essere felice!

COME AGIRE

5.gentilezza: essere amichevoli, prendersi cura e dare considerazione agli altri.

La gentilezza dice “vorrei che sia felice!”. Essere gentile significa essere amichevole, prendersi cura, essere generoso benevolente, considerare, rispettare ed essere affettuosi con gli altri. Tutti sappiamo cosa proviamo nel nostro cuore quando qualcuno si rivolge a noi in questi termini, e non c’è nessuno che non vorrebbe che gli altri lo trattassero diversamente da come descritto. La gentilezza possiede la saggezza di sapere quando è appropriato dire o fare qualcosa. Si trova nei piccoli dettagli. Un tocco gentile di un braccio, uno sguardo comprensivo, fare una telefonata, ricordare piccole cose che fanno piacere a qualcuno. Se agiamo in questa maniera sembra che noi mettiamo la felicità degli altri davanti alla nostra, ma in pratica non è esattamente così. Essere gentili eleva il nostro spirito e ci fa sentire bene, quindi tutti ne beneficiano.

I benefici della gentilezza:

  • da la gioia di essere gentili con qualcun altro, anche se è lontano
  • nutre ed approfondisce le relazioni interpersonali da cui dipende la nostra salute e felicità
  • promuove l’armonia e il benessere, ad ogni livello della società

Frasi celebri:

  • tu stesso come tutti nell’universo meritate il vostro amore ed affetto
  • sii gentile con tutti. Tutti quelli che incontri stanno combattendo la loro personale battaglia
  • è buono per voi essere importanti, ma è più importante essere buoni
  • ovunque ci sia un essere umano c’è una opportunità per una gentilezza
  • quando è possibile sii gentile. E’ sempre possibile
  • non compiere anche solo una minima azione gentile, pur piccola che sia, è una grande occasione persa

6.onestà: agire con trasparenza ed equità

L’onestà è una opportunità per affrontare la vita con grazia senza danneggiare le altre persone. Parlare o agire in maniera disonesta è mettere i propri bisogni davanti a quelli degli altri. Ad esempio tentare di distorcere quello che gli altri stanno sperimentando, anche solo dal punto di vista emotivo,  per trarne vantaggio o entrare in possesso dei loro averi. Questo agire con disonestà causa sofferenza agli altri, mentre agire onestamente vuol dire tenere in considerazione anche i loro desideri ed aspirazioni. Con l’onestà ci prendiamo cura del benessere degli altri. L’onestà è una scelta personale che prendiamo ogni volta che veniamo a contatto con una altra persona. Ognuno può fare questa scelta quando entra in rapporto con altre persone, in modo da creare la cultura dell’onestà per tutti. Immaginate un mondo dove tutti si comportano onestamente, agiscono onestamente e conducono i loro affari in modo trasparente e chiaro. Certo, ad oggi a pensare a una cosa del genere viene un po’ da ridere, ma se ci mettiamo del coraggio perché non cominciamo adesso? L’onestà nasce da ognuno di noi.

I benefici dell’onestà:

  • tiene la nostra coscienza pulita e il rispetto per noi stessi intatto
  • permette di costruire relazioni interpersonali giuste, aperte e vere
  • promuove una cultura del cercare il bene comune al posto della soddisfazioni degli interessi personali

Frasi celebri:

  • non c’è cuscino più soffice della nostra coscienza pulita
  • un uomo onesto non fa di se stesso un cane per l’interesse di un osso.

7.La generosità : dare senza lo scopo di avere un ritorno

Sotto certi aspetti la generosità sembra una assurda maniera di comportarsi: invece di dedicare tempo a noi stessi lo diamo via. Ma c’è qualcosa di potente nello scegliere di comportarsi così: è l’abbandono della visione egocentrica di ‘IO’ e ‘MIO’. La generosità è definita come il desiderio di fare del bene a qualcun altro. E’ raramente la grandezza del dono o il gesto che sono importanti, ma ciò che importa è il messaggio che li accompagna. Il cuore lo sa, istantaneamente ed infallibilmente. Sentiamo subito il disagio quando ci accorgiamo che un dono nasconde un altro motivo, perciò riserviamo la nostra ammirazione per colui che dona con sincerità, senza aspettarsi un ritorno. Per certi versi ognuno di noi ha compiuto dei gesti di generosità verso qualcun altro. La domanda fondamentale, quella della svolta però è: “dove vogliamo andare oltre questo?”. Se vogliamo veramente aprire il cuore e le mani e donare agli altri quanto ci è possibile di tutto ciò che è in nostro possesso, in termini di tempo, talento o possedimenti. E’ questa la decisione critica.

I benefici della generosità:

  • ci libera dalla compulsiva idea di ‘IO’ e ‘MIO’
  • promuove il piacere di condividere il tempo, l’energia il talento o i possedimenti
  • sviluppa la confidenza e la gioia nella nostra capacità di essere di beneficio agli altri

Frasi celebri:

  • Fai del tuo mezzo di sussistenza con quello che hai, fai la vita con quello che dai
  • È nel dare che riceviamo
  • Come migliaia di candele possono essere accese da una sola, in modo tale da allungarne la luce, così la felicità non finirà mai se verrà condivisa.
  • Puoi sempre dare qualcosa, sebbene sia anche solo gentilezza
  • Dovremmo donare tanto quanto vorremo ricevere, in allegria e subito, non c’è grazia in un dono che rimane attaccato alle dita
  • L’essenza della generosità è il lasciare andare. Il dolore è segno che ci stiamo attaccando a qualcosa, solitamente a noi stessi.
  • La generosità non consiste in nella somma di quanto è stato dato, ma nella maniera in cui è stato dato.

8.corretto parlare: parlare in modo significativo e in maniera sensibile

Le parole hanno il potere di risollevarci il morale o buttarci a terra, di liberarci o di intrappolarci, di creare dei nemici o amici, di farci guadagnare così come di farci perdere tutto. Il potere del parlare è così grande che nessuna definizione gli rende giustizia. Non appena un bimbo inizia a parlare la sua vita e le sue relazioni cambiano. Parlare ad alta voce o normalmente, veloce o piano, scegliere quali parole usare, se parlare o stare in silenzio. Impariamo a parlare attraverso l’esercizio e molti errori, e facendo questo definiamo la nostra personalità. Il corretto parlare è l’impegno ad usare le parole in maniera virtuosa, in modo che porti pace e felicità alle persone intorno a noi. Si tratta di usare le nostre parole per togliere le paure, per portare speranza, per far sorridere le persone, per avvicinarle le une alle altre. È questo il modo con cui condividiamo quello che siamo.

I benefici del parlare corretto:

  • ci salva dall’entrare in certe argomentazioni e situazioni di cui potremo in futuro pentirci
  • ci rende abili a dare calore, sensibilità e armonia alle relazioni interpersonali
  • sviluppa la capacità di sapere come, cosa e quando condividere i nostri pensieri e sensazioni

Frasi celebri

  • abbiamo due orecchie e una bocca, così possiamo ascoltare il doppio di quanto parliamo
  • nemmeno il più veloce dei cavalli può raggiungere una parola pronunciata con rabbia
  • più quieto diventi, più potrai ascoltare
  • non solo sei responsabile di ciò che dici, ma anche di ciò che non dici
  • apri la bocca per parlare solo se ciò che stai per dire sarà più bello del silenzio

COME RELAZIONARSI CON GLI ALTRI

9.rispetto: onorare le persone che hanno una più profonda comprensione ed esperienza della vita, soprattutto gli anziani

Tutti vogliono e hanno bisogno di rispetto. È un pre-requisito per gli esseri umani che si relazionano tra loro in modo positivo e costruttivo. Il rispetto riconosce che abbiamo gli stessi bisogni di base, sia fisici che psicologici o spirituali, e che l’esperienza e la saggezza delle altre persone possono esserci utili. Fin dai nostri primi anni, impariamo e cresciamo ammirando e ispirandoci ad altre persone. Nelle società tradizionali questo era un processo ben conosciuto e rispettato. La saggezza e l’esperienza di vita erano viste come una forma di ricchezza da tramandare di generazione in generazione. Perché ora c’è la tendenza ad essere irrispettosi verso le persone che sono più grandi e hanno più esperienza di vita di noi stessi? Intorno a noi ci sono persone che possiamo rispettare e dalle quali imparare, se scegliamo di farlo e se abbiamo l’umiltà necessaria. Il rispetto è qualcosa che dobbiamo dare piuttosto che chiedere.

I benefici del rispetto:

  • ci permette di imparare dalle conoscenze, esperienza e saggezza degli altri
  • identifica i modelli che possono aiutarci a sviluppare il nostro potenziale
  • crea una società che celebra la diversità e ricchezza di tutti i suoi cittadini

Frasi celebri:

  • le persone che non rispettano gli anziani si dimenticano da dove vengono e dove stanno andando
  • se guardi il palmo della tua mano vedi i tuoi genitori e tutte le generazioni prima di loro. Tutti loro sono vivi in questo momento, ognuno di essi è presente nel tuo corpo. Tu sei la continuazione di tutte queste persone

10.Perdono: lasciar andare il risentimento e la rabbia verso noi stessi e gli altri

Il perdono è la capacità di reclamare la nostra pace della mente quando qualcosa ci disturba. Durante la è inevitabile che capiti di ferirci a vicenda. Infatti, mentre il nostro mondo diventa più complesso e interconnesso, aumentano le opportunità di conflitto. Abbiamo la possibilità di rispondere a queste ferite con rabbia o con perdono. Perdonare non vuol dire dimenticare. Ciò non significa che sorvoleremo sul danno che ha avuto luogo, o fare finta che non sia mai accaduto. Ciò che fa il perdono è permetterci di lasciar andare gli atteggiamenti distruttivi verso il passato che ci imprigionano e verso la persona che ci ha ferito, evitando di avviare un ciclo di recriminazioni e sensi di colpa. Quando il nostro desiderio di riconciliazione e di pace è più forte della nostra rabbia, delusione o dolore, allora il perdono offre l’opportunità di ricominciare. Il perdono può sembrare insormontabile e ha grandi conseguenze, ma in sostanza non è altro che un cambiamento dell’atteggiamento mentale. La motivazione a perdonare deve venire da un desiderio sincero nel profondo del cuore allo scopo di alleviare il dolore e il disagio sia di noi stessi che degli altri. Non può essere forzato.

I benefici del perdono

  • libera dalla rabbia e dal risentimento, che minano la nostra salute mentale e fisica
  • approfondisce la nostra comprensione delle altre persone e dei loro punti di vista
  • contribuisce ad evitare futuri conflitti a tutti i diversi livelli della società

Frasi celebri:

  • Perdona sempre i tuoi nemici Niente li annoia di più
  • Il perdono è un attributo della forza
  • Le persone sono spesso irragionevoli, illogiche e egocentriche: perdonale comunque
  • Quando un’altra persona ti fa soffrire, è perché lei stessa soffre profondamente dentro di sé. La sua sofferenza si sta manifestando all’esterno. Non ha bisogno di punizione; ha bisogno di aiuto, è questo il messaggio che ti sta inviando
  • Occhio per occhio rende tutto il mondo cieco

11.Gratitudine: riconoscere e ripagare la gentilezza degli altri

La gratitudine celebra le nostre connessioni con gli altri esseri e la nostra capacità di offrire supporto reciproco. È una forma di apertura e generosità che rafforza le relazioni e che guarisce il risentimento e la rabbia. La gratitudine ci porta ad essere semplici e naturali l’uno con l’altro, portando pace e armonia.

Ricevere gratitudine dagli altri rafforza la certezza di avere un ruolo positivo nel mondo. Ci fa sentire riconosciuti, incoraggiati e ispirati. Quando siamo in grado di offrire sinceramente gratitudine a qualcun altro, nota come si crea una sensazione di calore nel cuore e un’ondata di energia.

La gratitudine è radicata nella saggezza che accetta di non essere né indipendenti né autosufficienti, ma parte di uno straordinario continuum di eventi ed esseri su questo pianeta. Ci incoraggia ad accogliere la realtà, piuttosto che a combatterla – sia ciò che sembra buono, sia ciò che sembra non esserlo. Imparare ad apprezzare ogni singola cosa che accade come potenziale fonte per accrescere in  saggezza e crescita è uno degli ingredienti chiave per una vita felice.

Benefici della gratitudine:

  • rafforzare la consapevolezza della nostra interdipendenza con le persone, gli animali e l’ambiente
  • funzionare come antidoto all’isolamento e alla solitudine, al dolore e al risentimento
  • portare nella quotidianità la pratica dell’apprezzamento e della cordialità

Frasi celebri:

  • Quando mangi germogli di bambù, ricorda l’uomo che li ha piantati
  • C’è sempre, sempre, sempre, qualcosa di cui essere grati
  • Sentire gratitudine e non esprimerla è come incartare un regalo e non darlo.
  • Nella vita quotidiana dobbiamo vedere che non è la felicità che ci rende riconoscenti, ma la gratitudine che ci rende felici

12.Lealtà: essere di buon cuore e affidabile in tutte le nostre relazioni

Può essere la linea vita che ci aiuta a sentirci sicuri e supportati e ci consente di funzionare bene.

Tutti vogliamo essere accettati per quello che siamo. Non per quello che possiamo comprare, per ciò che sembriamo o per chi conosciamo. Quando non possiamo contare sulla lealtà reciproca, c’è ansia e insicurezza, solitudine e sofferenza. In un mondo incerto, il senso di lealtà e responsabilità reciproca è spesso il collante che tiene insieme famiglie e amicizie.

Benefici della lealtà:

  • Aiuta le persone a crescere e prosperare in un ambiente di fiducia, sicurezza e stabilità
  • Incoraggia la pratica di prendersi cura e sostenersi l’un l’altro, qualunque cosa accada
  • Rafforza la nostra capacità di alzarci in piedi e di essere presenti per le persone e le cause in cui crediamo

Frasi celebri:

  • Una promessa è una nuvola, realizzarla è la pioggia
  • Molte persone vogliono andare con te nella limousine, ma quello che vuoi è qualcuno che prenderà l’autobus con te quando la limousine si rompe

COME TROVARE IL SIGNIFICATO DELLA VITA

13.Aspirazione: cercare uno stile di vita appagante che eviti danni

L’aspirazione è il profondo desiderio per lo scopo e la realizzazione, la gioia e la felicità, che giace in profondità – e talvolta sepolto – nei nostri cuori e nel cuore di ogni essere vivente. È la voce interiore che ci spinge ad usare bene la nostra vita e a trarre il meglio da qualsiasi dote e passione che possediamo. Il modo in cui scegliamo di rispondere a quella voce determinerà tutte le scelte che facciamo nella nostra vita. L’aspirazione è il carburante del cambiamento. Si nutre della nostra speranza che la vita possa essere migliore o più significativa, e la nostra volontà di fare qualcosa di diverso affinché ciò accada. È una chiamata all’azione. Tutti aspirano ad essere felici, ed è una qualità umana naturale includere gli altri in questa aspirazione. Vogliamo che la nostra famiglia e i nostri amici siano prosperi e contenti. Vogliamo che i senzatetto trovino rifugio, che le persone affamate trovino cibo, che le persone malate possano avere medicine,  che il mondo sia in pace. Le persone più felici e contente sono di solito quelle che hanno trovato il modo di mettere in pratica le loro aspirazioni per se stessi e gli altri, e hanno quindi contribuito attivamente alla creazione di un mondo migliore.

Benefici dell’aspirazione:

  • Canalizza il nostro tempo ed energia in un modo che porti significato e soddisfazione
  • Aiuta a fare le cose in modo diverso e a partecipare attivamente alla creazione di un mondo migliore
  • Connette con persone che la pensano come te ed è una guida che aiuta a realizzare i sogni

Frasi celebri:

  • Tieni sempre un albero verde nel tuo cuore e vedrai che l’uccello canterino si poserà sui suoi rami
  • Metti il tuo viso al sole e vedrai che le ombre andranno dietro di te
  • Non aspirare ad avere di più, ma ad essere di più
  • Non dirmi che il cielo è il limite. Ci sono impronte anche sulla luna
  • Non devi essere alto per vedere la luna

14.Principi: sviluppare valori interiori sinceri e stabili ed evitare influenze dannose

Se ci fosse dato un foglio bianco, quanti di noi sarebbero in grado di elencare i principi che guidano le nostre vite? La vita quotidiana fa talmente tante richieste che a volte ci si sente più che sufficienti a reagire nel miglior modo possibile a qualsiasi cosa accada, sperando che tutto vada per il meglio.

Eppure molti di noi hanno molti principi, anche se non ne siamo consapevoli. Cos’è che ci fa arrabbiare o che il fuoco agita nel nostro stomaco? Essere sconvolti è spesso il segno che un principio in cui crediamo fortemente è stato violato. Accade qualcosa che fa dire: “No!”. Potremmo essere sorpresi dalla passione e dalla forza che è viva in noi. I principi ci danno forza e forniscono le basi per sviluppare  il potere di prendere posizione sulle cose che contano per noi. Mantengono le nostre aspirazioni in carreggiata. Come i raggi di una ruota di bicicletta, danno stabilità e ci aiutano ad andare avanti in modo deciso.

Benefici dei principi:

  • Permette di fare le nostre scelte in modo ponderato e mirato
  • Dà forza a noi stessi e gli altri nei momenti difficili
  • Sviluppa la nostra voce individuale, il nostro potenziale e la nostra forza

Frasi celebri:

  • Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui copra la tua stessa voce interiore
  • Quello che stai dicendo è così forte che non riesco a sentire nemmeno quello che dici

15.Servizio: aiutare ed essere di beneficio agli altri in qualsiasi maniera possiamo

Il servizio è l’espressione esteriore di un desiderio di aiutare qualcuno per renderli felici, è un’espressione di cura, condivisione e delizia l’uno nei confronti dell’altro. Quando si presenta spontaneamente, è piacevole, ma il servizio può anche essere vissuto come un dovere ed invece di essere leggero e gioioso, sembra pesante e oneroso. In ogni momento c’è l’opportunità di rendere la vita di qualcun altro un po’ più facile o più bella. Ogni pensiero, parola e azione che fluisce da noi in modo amorevole ha il potenziale per creare felicità. Siamo disposti a trovare dentro di noi la sensibilità e l’intelligenza, la chiarezza e la convinzione che ciò accadrà? Ia gratificazione che se ne riceve è enorme. Mentre scopriamo e approfondiamo il nostro desiderio che altre persone siano felici, troviamo anche la chiave della nostra felicità. Nessuno rimane fuori dall’equazione. Questa è la regola d’oro del servizio che viene sentito nel cuore e che sostiene le grandi tradizioni spirituali e saggezza del mondo. “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te stesso”.

Benefici del servizio:

  • Rende la vita di qualcun altro un po’ più facile o più bella
  • Attenua la visione egocentrica sull’ IO
  • Regala soddisfazione e gioia costruendo connessioni cordiali con gli altri

Frasi celebri:

  • Il modo migliore per trovarti è quello di perderti al servizio degli altri
  • Aiuta una persona alla volta e inizia sempre dalla persona più vicina a te
  • Fai la tua piccola parte di bene dove sei; sono quei piccoli pezzi di bene messi insieme che sommergono il mondo
  • Come sarebbe meravigliosa la società umana se ognuno aggiungesse il proprio legno al fuoco invece di piangere sulle ceneri!

16.Coraggio: accettare responsabilità e sfide con determinazione ed equanimità

Si tratta di vedere, sentire o rendersi conto che qualcosa di più o di diverso può essere fatto, sviluppando la determinazione a farlo, e poi portandolo avanti nonostante gli ostacoli. Il coraggio non è definito da ciò che facciamo, ma da ciò che superiamo dentro di noi. È un approccio costante alle difficoltà quotidiane e nel singolo gesto spontaneo. Il coraggio implica riconoscere le nostre paure, ma non scoraggiarci dall’offrire qualcosa che va al di là dei nostri bisogni e comfort immediati. Le persone più coraggiose hanno deciso che il benessere degli altri è più importante del loro e hanno permesso a questa decisione di guidare le loro azioni e il modo in cui vivono. Esse sembrano trovare la propria felicità in questo modo di agire.

Benefici del coraggio:

  • Andare oltre le nostre immediate necessità e comodità
  • Sviluppa la forza per rispondere in modo costruttivo a qualunque cosa la vita ci riservi
  • Mette alla luce chi siamo veramente attraverso il confronto con le nostre paure e le nostre sfide

Frasi celebri:

  • Potresti non essere responsabile nell’essere abbattuto, ma devi essere responsabile nell’ alzarti
  • Il mondo è un posto pericoloso, non per quelli che fanno il male ma per quelli che stanno a guardare senza fare nulla
  • Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza di conoscerne la differenza
  • Hai il potere sulla tua mente, ma non sugli eventi esterni. Realizza questo e troverai forza
  • Non è la grandezza del gesto che conta, è la grandezza del nostro coraggio nel compierlo

 

 

 

 

Come generare la pazienza

La pazienza serve a sviluppare il pensiero altruistico, è la base del nostro sentiero spirituale ed è uno degli antidoti contro la rabbia (o la avversione).
Per praticare la pazienza è necessario che ci sia un oggetto verso il quale noi dobbiamo generare appunto questa virtù. L’oggetto in genere è una persona che è il “nemico esterno” verso il quale dobbiamo generare la pazienza. Possiamo avere avuto svariate occasioni di notare come sia facile in certe occasioni perdere il controllo di noi stessi, portandoci a reagire con rabbia, avversione, odio, rancore e vendetta verso qualcuno che ci offende, che ci fa danno e che compie verso di noi azioni malevole. È proprio in queste occasioni che dobbiamo esercitarci alla pratica della pazienza verso coloro che ci rivolgono contro queste azioni malevole, e dobbiamo farlo prendendo in considerazione tre principali modelli di comportamento:
1) pensare che la persona che ci fa danno è vittima delle sue personali afflizioni mentali (nemici interni). Tale persona si trova in questo stato di schiavitù, senza possibilità di controllare le proprie azioni negative, vittima della sua scorretta visione della realtà, ecco perché dobbiamo avere pazienza e non prendercela con lei, dobbiamo considerarla come una vittima. L’atteggiamento altruistico qui è quello di sviluppare compassione per la persona desiderando che egli sia libero da questi veleni mentali.
2) la persona che ci sta facendo danno sta creando per sé stessa un karma negativo dovuto alla sua azione e ne subirà le conseguenze in futuro. In un certo senso possiamo considerare che noi siamo la causa del suo futuro soffrire e quindi dovremmo provare anche un certo grado di compassione per questo. Per generare la pazienza qui dobbiamo pensare che il dolore che la persona proverà è uguale a quello che noi stiamo provando adesso. Anche in questo caso potremo sviluppare compassione desiderando che colei non abbia da soffrire e che possa essere libera dalle sue afflizioni.
3) la situazione che stiamo sperimentando è a sua volta frutto di un karma negativo che abbiamo creato noi stessi in passato. Se noi in passato non avessimo accumulato karma negativo adesso non ne avremmo dovuto subire le conseguenze, la persona non sarebbe venuta a farci danno e non avrebbe a sua volta accumulato karma negativo da scontare in futuro. Anche qui dobbiamo consideraci come prima causa degli eventi, per cui dobbiamo essere pazienti, non c’è motivo di provare rabbia o avversione contro la persona e per quello che ci sta succedendo.

I “nemici esterni” sono l’oggetto della nostra pratica, essi sono preziosi e dobbiamo ringraziarli per la loro opera; senza di loro noi non potremmo praticare e generare la virtù della pazienza. Esse sono come delle divinità alle quali dovremo fare delle offerte perché senza di loro non avremmo la possibilità di sviluppare il nostro sentiero di liberazione.
Considerare il nemico esterno come oggetto della nostra pratica genera un gran beneficio, riusciamo così a trasformare una nostra possibile reazione negativa in una azione virtuosa.

Davide

La pratica della pazienza, spunti personali

Partiamo da un esempio: viene una persona che ci fa del male con un bastone.

Allo stesso modo del bastone che non ha una propria volontà, la persona stessa non ha una propria volontà perché in quel momento è controllata dalla rabbia, è questo il pensiero che dobbiamo generare. Il nemico non è la persona ma è l’afflizione di cui lui è preda, in questo caso la rabbia o l’odio, è quello il vero nemico.

Affinché noi possiamo diventare esseri realizzati bisogna praticare la pazienza e pensare che noi possiamo aspirare a una rinascita verso un regno superiore e poi alla realizzazione vera e propria, quindi questi nemici esterni sono da considerare preziosi, sono lo strumento della nostra pratica, dobbiamo ringraziarli! Non dobbiamo pensare che questi nemici esterni non possano essere oggetto della nostra pazienza.

Bisogna pensare che se una persona ci fa del male è una conseguenza di una azione che abbiamo fatto in precedenza e che quindi è una nostra responsabilità. Non dobbiamo quindi rivolgere rabbia verso la persona che ci fa del male, ma pensare che quella persona stessa facendoci del male si costringerà a una rinascita nel regno della sofferenza e quindi in un certo senso siamo noi a nuocere a quella persona!

Il meccanismo è che siccome noi abbiamo del Karma negativo in questo momento siamo nella condizione della maturazione dei frutti di quel determinato Karma, ma allo stesso tempo siamo anche la causa per cui questa persona soffrirà. Una azione è allo stesso tempo causa e condizione!

Se ci domandiamo qual è la causa che costringe questa persona  a rinascere nel regno della sofferenza cosa rispondiamo? La risposta corretta è noi stessi (nello specifico il nostro Karma negativo accumulato).

Se la persona che ci fa del male compie questa azione negativa rinasce nel regno della sofferenza, proiettando la cosa su noi stessi noi dovremmo pensare che anche noi  possiamo rinascere in quel regno di sofferenza. Questo perché è una conseguenza di una azione negativa che abbiamo compiuto precedentemente o in una vita passata. Dobbiamo comprendere che quando una persona viene a farci del male in realtà siamo noi stessi siamo la causa di ciò e anche del motivo per cui questa persona rinascerà nel regno della sofferenza. Se precedentemente (o nella vita passata) noi non avessimo accumulato del karma negativo, non avremmo avuto questo nemico esterno, esso non sarebbe venuto a farci del male e quindi nemmeno il nemico sarebbe costretto a una rinascita nella sofferenza, ecco perché attraverso la pratica della pazienza faremo del bene a noi stessi e agli altri, sarà di beneficio a noi stessi e agli altri.

Questo è il metodo della pratica della pazienza, meditiamo su questo. Evitiamo di accumulare del Karma negativo. Se pensiamo solo a noi stessi e non pratichiamo la pazienza avremo lo stesso risultato della persona che ci fa del male. E’ come una catena, io faccio azioni negative, uno arriva e mi fa del male, mi arrabbio, accumulo del karma negativo, tutti e due avremo delle rinascite sofferenti  e così via all’infinito. Se invece io pratico la pazienza  interrompo la catena, non accumulo più Karma negativo, nessuno verrà in futuro a farmi del male quindi nessuno rinascerà nel regno della sofferenza. Fantastico!

Per come siamo abituati a vivere al giorno d’oggi, sempre di fretta e indaffarati, se qualcuno va piano in macchina davanti a noi e il semaforo diventa rosso per colpa sua, noi suoniamo il clacson innervositi, quando invece qualcuno ci suona il clacson noi immediatamente lo mandiamo a quel paese, magari anche accompagnando la frase con un bel gesto adatto. Dico immediatamente perché quasi ci viene naturale, provate a pensarci … magari è vi è successo proprio stamattina mentre andavate al lavoro oppure ieri … è l’abitudine che ci fa reagire così. All’inizio praticare la pazienza è molto difficile perché dobbiamo sradicare questa concezione fissa in noi da tempo, ed occorre molto impegno. All’inizio non ve ne rendete conto, poi pian piano vi accorgete di quello che fate e pensate “accidenti mi è successo di nuovo di perdere la pazienza!” fino a che non vi verrà naturale praticare la pazienza.

Il momento giusto per praticare la pazienza è quando sentiamo che dentro di noi stiamo per esplodere, fermiamo l’attimo e meditiamo sui benefici che può dare la pratica. Se non ci arrabbiamo adesso nessuno in futuro ci farà del male per il Karma che si potrebbe creare per quanto ci sta accadendo, noi accumuliamo meriti, proseguiamo nella nostra realizzazione,  né noi né il nostro “nemico” soffriremo e tutti ne trarremmo un gran beneficio.

Inoltre la pratica della pazienza e il generare compassione sono collegati, perché la persona che compie atti negativi non è libera ma è in schiava delle afflizioni negative ed è destinata a soffrire per questo. Non dobbiamo quindi reagire con avversione di fronte a certe situazioni, ma al contrario meditare la pazienza e generare compassione desiderando che la persona sia libera dalle afflizioni che lo controllano. Quando si ha compassione infatti non si può provare rabbia.

Potremo essere arrabbiati perché soffriamo di certe malattie, ma anche qui dobbiamo meditare che è sempre a causa del nostro Karma passato che in questa vita sperimentiamo la sofferenza della malattia. Quindi anche qui pazienza, se ci arrabbiamo o generiamo emozioni negative non solo quasto non aiuta a guarire, ma dovremo soffrire oltre che per la malattia anche per il Karma che si accumula se dovessimo arrabbiarci. Di qualsiasi entità o gravità sia la malattia di cui soffriamo non dobbiamo continuamente focalizzarci su di essa. Se la malattia di cui soffriamo è inguaribile perché arrabbiarci? Se invece esiste una cura dobbiamo prendere le medicine.

Un altro modo di praticare la pazienza quando per esempio una persona ci insulta o parla male di noi è meditare come segue: queste sono soltanto parole la nostra mente non ha un corpo fisico, perché arrabbiarci pensando che le parole possano colpirla? Perché arrabbiarci se sono solo parole? Forse perché vanno a colpire il nostro orgoglio? Forse perché abbiamo paura del giudizio delle altre persone? Anche queste due sono due afflizioni  di cui liberarsi, esse ci fanno reagire allo stesso modo di coloro che sparlano su noi, ci fanno sentire arrabbiati e potremo avere anche voglia di vendicarci … che brutte reazioni …, causano Karma negativo, soffriamo due volte: una adesso perché parlano male di noi e una in futuro a causa del Karma che andremo a creare se reagiamo con avversione e non pratichiamo la pazienza.