Monthly Archives: June 2021

La Saggezza di un Albero – Davide

Oggi passeggiavo in montagna lungo un sentiero boscoso e, grazie allo spunto di alcuni cartelli posti lungo il sentiero, ho fatto alcune riflessioni che volevo condividere. Non mi ero mai reso conto se non in maniera molto marginale delle qualità di un albero e di come queste possono essere ricondotte alle qualità degli esseri viventi.

L’albero è saggio perché indirizza le sue radici nel terreno e evitando ostacoli o zone di terreno che possono essere nocive alla sua salute, ad esempio rocce oppure agglomerati di funghi parassiti. Gli alberi sanno come riuscire a non compiere azioni dannose per se stessi. Questo è saggio discernimento.

L’albero è ospitale perché permette ai muschi e licheni di stabilirsi sul suo tronco. Essi hanno bisogno solo di aria e di un pò di umidità per sopravvivere e non sono nocivi per l’albero stesso. Questa è la virtù della generosità.

L’albero è caparbio perché anche se colpito da un fulmine rimane vivo e cerca in tutti i modi di produrre nuovi rami e fogliame per continuare a vivere. Non si lascia abbattere dalle difficoltà della vita. Questo è lo sforzo entusiastico.

Il ceppo di un albero tagliato ci mostra i suoi anelli che ci raccontano la storia del tempo atmosferico e il susseguirsi delle stagioni del posto in cui ha vissuto attraverso lo studio delle loro caratteristiche (larghezza, colore, numero). Gli alberi centenari ci insegnano tante cose… e questa è la virtù della saggezza

L’albero è utile perché la sua presenza e quella delle sue radici stabilizzano e rinsaldano il terreno assorbendone l’acqua e rinforzando strutturalmente la terra stessa. Questo è altruismo

I rami più bassi di un abete o un pino spesso sono secchi: queste piante sono caratterizzate dall’avere una folta chioma e un tronco lunghissimo. L’albero è in grado di capire che i rami più bassi e le loro foglie ad un certo punto non sono più utili perché ricevendo poca luce non riescono più a compiere la fotosintesi e cessano di dare il loro contributo energetico all’intera pianta, anzi la sottraggono inutilmente. Allora l’albero li fa seccare e poi cadere. Questa è la pratica del lasciare andare

Vi siete mai fermati a sentire il profumo del legno di un albero appena tagliato?

Davide

Nascita e Morte inseparabili – Tich Nhat Hanh

Tre sono le tappe fondamentali generalmente assegnate agli esseri viventi: nascita, vita e morte; e l’unità di misura è la nostra età: quanti anni abbiamo? Noi sappiamo che siamo nati, siamo abituati a pensare che ora viviamo e che la morte arriverà più in là nel futuro. Questa abitudine di pensiero crea inconsapevolmente in noi una sorta di separazione tra le tappe fondamentali descritte sopra. 

Il seme e la pianta, il buio e la luce, il dentro e il fuori non possono essere considerati separatamente: non c’è pianta senza seme, non possiamo dire che siamo alla luce se fino a poco prima non ci trovavamo al buio e che siamo fuori perché veniamo da dentro. Allo stesso modo non siamo vivi se prima non nasciamo e non moriamo se prima non siamo vissuti. Le tre cose non sono separate.

Supponiamo di potere vedere il nostro corpo e riuscire ad osservare che ci sono milioni di cellule che stanno morendo proprio in questo momento e altre che sono appena nate, capirete che il processo di nascita, vita e morte è presente nel Qui ed Ora. Andando un pò oltre, dal momento che il nostro corpo più o meno è sempre formato dallo stesso numero di cellule, è possibile arrivare a capire che c’è bisogno di spazio alle cellule appena nate per potere vivere e quindi le più vecchie devono morire per crearne lo spazio necessario: la nascita non è possibile senza morte e la morte non è possibile senza la nascita

Addirittura è possibile dire che stiamo nascendo e stiamo morendo contemporaneamente in ogni istante. La morte non è quindi più tardi, più in la nel futuro, come abbiamo detto all’inizio di essere abituati a pensare. Anche la nascita può avvenire nel futuro. Quindi adesso sappiamo che nascita e morte sono inseparabili: dove c’è l’una c’è anche l’atra.

Osserviamo le due immagini sopra: dove c’è la destra del foglietto c’è anche la sinistra, dove c’è il sopra c’è anche il sotto. Non possiamo togliere niente, altrimenti l’altro non esiste.

Questa è la piena comprensione del processo di nascita e morte, la piena consapevolezza della realtà del processo di nascita e morte.

Come stare nel momento presente anche quando esso è spiacevole – Tich Nhat Hanh

Chiunque conosca la pratica della mindflulness sa che si deve tornare a casa nel momento presente. Quando si torna a casa si possono trovare due situazioni: 

La prima situazione è che ci sono condizioni di felicità nel qui e ora. Quando inspiriamo e portiamo la mente a casa nel nostro corpo ci si stabilisce nel momento presente e notiamo che ci sono tanti elementi rinfrescanti, curativi e condizioni di felicità a portata di mano nel presnte; è chiaro che con questa consapevolezza è molto facile generare un sentimento di gioia e felicità. Questo è ciò che possiamo fare per nutrire noi stessi di gioia e felicità.

La seconda situazione che possiamo incontrare quando inspiriamo e portatiamo la mente a casa nel qui ed ora è una emozione dolorosa che si manifesta di tanto in tanto, e che quando inizia a manifestarsi è spiacevole. Così scappiamo per fare in modo che il dolore non sia lì, perchè se lì non c’è nessuno viene a mancare anche colui che lo patisce. Accade che in questo modo nessuno è nemmeno lì per prendersi cura di quel dolore. In questo secondo caso, il tornare al momento presente non è riconoscere gli elementi di gioia e felicità, ma è avere l’opprtunità di riuscire a prendersi cura del dolore presente in noi stessi e cercare di trasformarlo. Anche se il momento presente è insopportabile, tornare a casa, tornare in noi stessi, è la sola possibilità che abbiamo di fare qualcosa per riuscire a trasformarlo in maniera che esso si calmi e che non sia più così insopportabile.

La maggior parte delle persone non agisce in questo modo perchè teme che giungendo a casa in se stessi e venire a contatto con il dolore ivi presnte sarà sopraffatta dalla soffrenza conseguente al dolore. Questo spiega perchè spesso fuggiamo immaginando qualcosa nel futuro per fantasticare o andando nel passato per dimenticare. Ma il passato e il futuro sono delle immagini, non è la realtà, solo il momento presente è reale. Ecco perchè al Plum village diciamo sempre: “Non lasciamoci catturare dal passato o dal futuro, torniamo al presente”. 

Molte persone cercano di nascondere il dolore dentro se stesse non solo tornando al passato o correndo nel futuro immmaginado che forse almeno lì ci sara una qualche speranza di fine della sofferenza. Ma questo processo mentale allevia forse un pò il dolore ma non lo elimina e inoltre non dura nemmeno a lungo, perchè appena si torna al qui e ora ecco che il dolore è sempre lì. Molte altre persone cercano di nascondere il dolore consumando esperenzie emotive forti (es. sesso), bevendo alcoolici o consumando droghe, ma quando l’effetto (non duraturo) termina ecco ripresentarsi lo stesso dolore da cui sono fuggiti, forse amplificato anche dall’eccesso emotivo e di stordimento. Altri ancora cercano di fuggire lasciandosi andare all’apatia che si prova guardando continuamente la televisione o leggendo riviste di pettegolezzi. Il fattore comune di tutte queste esperienze e che esse sono tutte caratterizzate dall’evitare il confronto con la sofferenza, ed in questo modo accade che il dolore si accresce.

La pratica della consapevolezza ci aiuta a tornare a casa, nel presente, anche se il momento non è piacevole. Ma è proprio in quel momento che possiamo comprendere la sofferenza, e trovare una via per trasformarla, per farla cessare o almeno per calmarla. Così quando accade di nuovo che ci troviamo in un momento presente non piacevole, non pensiamo più che scappare da esso sia la via migliore; al contrario pensiamo che può essere una opportunità. Stiamo nel presente, guardiamo in profondità la natura della nostra sofferenza.

Se sappiamo come praticare il respiro (o il cammino, il mangiare) consapevole siamo in grado di generare l’energia della consapevolezza e questa energia, che deriva dalla pratica ci aiuta ad essere forti abbastanza per riconoscere (com-prendere = prendere con sé) e contrastare il dolore, abbracciandolo con tenerezza (com-passione = prendere con sé il sentimento). E’ proprio questo abbraccio che in pochi minuti ci permette di calmare il dolore. Entrare in contatto con la sofferenza porta alla comprensione della sofferenza stessa, l’energia della comprensione e della compassione ha il potere di curare. Curare noi stessi ma anche le persone che ci stanno vicino in quel momento, perchè quando noi riusciamo a calmare il nostro dolore possiamo aiutare gli altri a fare altrettanto.

C’è un uomo, un Bodhisattva, il cui voto è di andare nei luoghi dove c’è molta sofferenza per avere l’opporunità di servire o di aiutare. Ci sono molti infermieri, dottori ed operatori sociali che già lo fanno prestando servizio nei luoghi più disastrati della terra ( guerre, carestie, pendemie). Quell’uomo (e gli altri menzionati) sono tutti esseri che non temono la sofferenza. Il Bodhisattva sa che venendo a contatto con essa è possibile alleviarla (o farla cesssare). Egli ha una potente e forte fonte di energia che è l’aspirazione al volere fare qualcosa nella tua vita che sia utile, per avere una vita piena di senso. Ecco perchè va nei posti pieni di sofferenza, per aiutare coloro che soffrono. Non ha più paura di andare in situazioni di sofferenza. Anche noi non dobbiamo più avere paura della nostra sofferenza

Se abbiamo compassione non ci preoccupiamo più di essere in una situazione dolorosa e difficile, siamo protetti, non saremo più sovrastati dalla situazione di dolore e dalla sua energia negativa che emette tutto intorno ad essa, perchè la contrastiamo con la nostra energia positiva emessa dalla nostra comprensione e compassione.

Adesso saliamo di livello ed espandiamo la nostra pratica. Torniamo a coloro che si spendono e si sacrificano nelle zone più difficili della terra e cerchiamo di capire che la nostra non deve essere solo una pratica a livello individuale, utile solo per la nostra personale sofferenza. Come comunità di esseri compassionevoli siamo in grado di emettere energia positiva sufficiente anche per aiutare coloro che sono direttamente sul campo a lavorare. Attraverso la nostra pratica li proteggiamo quando sono lontani e anche quando ogni tanto tornano a casa si ricaricano di nuova energia che trovano pronta anche grazie a noi, utilizzandola per avere la forza di ripartire e tornare nuovamente in azione in quei posti dolorosi del mondo per aiutare direttamente gli altri. La pratica deve essere colletiva.

Anche all’interno della nostra ristretta cerchia di familiari ed amici operiamo per aitarci a fare pratica colletiva. Il modo migliore per farlo è quello di diventare sempre più gentili, sorridenti e dolci giorno dopo giorno. Solo così crederanno che la nostra pratica funzionerà anche per loro. Quando la tua famiglie e i tuoi amici, colleghi godono di maggior armonia, fratellanza, la tua aspirazione ad aiutare gli altri, ad essere compasionevole con tutti gli esseri, si realizzerà più facilmente. 

Abbiamo bisogno degli altri (così come gli operatori di pace hanno bisogno di noi) per realizzare la nostra aspirazione, senza gli altri il nostro sogno difficilmente potrà diventare realtà. Dunque non solo noi dobbiamo agire come singola persona, con gli altri è molto meglio.